NARDO' - Mario Pusterla porta su di sé i segni di un lavoro duro, che scava nel corpo e nell'anima. Ieri è sembrato a molti il personaggio del più famoso romanzo di Hemingway, il vecchio Santiago, quando lega alla sua barchetta il marlin catturato dopo una lunghissima lotta in mezzo al mare.
“Ho assicurato Sandro alla mia barca come meglio ho potuto – dice Mario, da tutti i pescatori chiamato Mariolino – anche perché mi sono reso conto che non collaborava in nessun modo”.
Lì sul molo lo conoscono tutti. Un anziano pescatore con una vecchia barca di legno ci dice: “perché lo cercate? Volete dargli un premio?” Ma Mario non vuole essere considerato un eroe.
“Ho solo fatto quello che avremmo fatto tutti, non c'è niente di speciale nell'aiutare qualcuno in difficoltà”.
Lui si accorge subito di quel giovane che si sbraccia. Con la sua barchetta gialla si trova in quel tratto di mare per caso. Una volta avvistato e resosi conto che issarlo sulla barca avrebbe significato correre un grosso rischio, lo ha legato alla meglio utilizzando un salvagente arancione e alcune funi. In questo modo ha raggiunto la darsena per consegnarlo ai sanitari.
“Non collaborava per niente, era “piombo” anche se tentavi di parlargli – spiega – cosciente sicuramente ma paralizzato da qualcosa. Aveva le gambe pietrificate, non stava in piedi né riusciva a muoverle”. Sandro è conosciuto in zona: ha fatto il barista nella gelateria Sebastian e dimora al Villaggio Santa Rita.
Sicuramente il giovane ha avuto un malore, forse un principio di assideramento dovuto alla temperatura del mare e all'inadeguatezza della sua muta. Improbabile che abbia avuto un guasto all'erogatore dell'ossigeno anche perché, mentre è giù, fa segno agli amici di voler risalire. Plausibile che sentendo freddo e avendo paura di perdere i sensi sia stato colto da una crisi di panico tanto da farlo urlare e chiedere soccorso, una volta a galla. Perché, infatti, chiede aiuto se bastano poche pinnate per raggiungere gli scogli?
Mario continua a preoccuparsi anche in serata: “vorrei andare a trovarlo in ospedale – ripete – perché penso ancora a quel che è accaduto”. Ed è vero: se non si fosse trovato lui con la sua “Pilar” ora staremmo a raccontare un'altra storia.
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Disavventura per un giovane sub di Galatone che ha rischiato il peggio davanti agli occhi di decine di persone: Sandro De Tuglie, 29 anni, accusa un malore pochi minuti dopo essersi immerso nelle acque prospicienti il “Pizzo dell'aspide”, località di Santa Maria al Bagno affacciata sulla baia di Santa Caterina. Riemerge in tutta fretta e si sbraccia, appena giunto in superficie, invocando aiuto.
Viene recuperato da un pescatore della zona che si trova per caso in quel tratto di mare e trasportato fino al porticciolo di Santa Caterina. Da lì i sanitari del 118 – chiamati da alcuni passanti - lo caricano nell'autoambulanza per correre verso l'ospedale di Gallipoli dove resta in osservazione. E' esclusa un'embolia anche perché la profondità massima di immersione in quel punto è di soli otto metri. Ma, allora, che cosa è accaduto?
I fatti raccontano una dinamica non semplice da ricostruire. Il giovane arriva sulla costa attrezzato di tutto punto e si ferma a parlare con due amici con i quali è pronto per fare l'immersione sportiva.
Un particolare, però, viene ricordato dai due amici alla fine di tutta la disavventura: il giovane sub ha con sé una muta che ritiene possa essere inadeguata alla stagione: infatti esistono mute stagne, semi-stagne ed invernali che sono adatte per la stagione fredda.
Ma De Tuglie tocca l'acqua, la valuta sufficientemente calda e decide di immergersi. Potrebbe essere questa la causa di quel che gli succederà dopo.
Una volta sul fondale, dunque, il giovane segnala agli altri due di voler risalire. E così fa ma una volta riaffiorato si sbraccia nel tentativo di attirare l'attenzione dei passanti che, immediatamente, chiamano polizia a 118.
Intanto, però, prima di tutte arriva con la barchetta gialla di vetroresina la provvidenza, nella persona di Mario Pusterla. Il pescatore si rende conto di non poter issare sulla barca il subacqueo perché quello non collabora e decide di imbragarlo con un salvagente e alcune funi. Così lo trasporta, praticamente a traino, fino al porticciolo.
Intanto, all'Aspide, si è sparsa la voce che i sub erano tre grazie alla testimonianza di altri appassionati appartenenti ad un secondo gruppo di sportivi. E gli altri due? La gente pensa al peggio così come il personale della Capitaneria di Porto di Gallipoli arrivata in pochi minuti con una motovedetta.
Quando, pochi istanti dopo, riemergono dall'acqua tutti tirano un sospiro di sollievo mentre i due uomini si guardano intorno, abbastanza meravigliati per tutta quella gente che assiste al loro “ritorno”. Ci vuol poco per metterli al corrente di tutto: mentre risalgono sulla scogliera sono in tanti a raccontare che cosa è accaduto al giovane Alessandro.