NARDO' - Nell’ordine: lo “sgarbo” di una sezione di Fratelli d’Italia e la pesantissima sentenza del Consiglio di Stato. Congrui risarcimenti ai danneggiati. Pagherà il Comune, cioè tutti noi! Ma la vera “ciccia” sta in questa nuova sezione di FdI a Nardò. Mellone si scontra ancora con la dura realtà: la forozatura dello statuto per la nomina del presidente dei revisori dei conti ed ora l'abbattimento della scuola. Ma la gente non lo regge più. E si ribella.
Una settimana bestiale, un inizio di luglio complicato e tremebondo per la compagine di Pippi Mellone e non lo si dice soltanto per la clamorosa batosta presa dalla sentenza del Consiglio di Stato di cui diremo più in avanti (un altro inciampo di tipo giudiziario potrebbe affacciarsi con il ricorso al Tar presentato dal Comitato di cittadini contro la decisione di voler abbattere la Scuola Media di via XX Settembre).
A nostro avviso, però, la vera “ciccia” è di qualche giorno prima, con un evento politico di tutta sostanza. E che è stato vissuto come un vero “sgarbo” da questa maggioranza, in primis da Pippi Mellone. Ed è successo sin dal momento in cui i due reprobi consiglieri Alberto Egidio Gatto e Pierluigi Tarantino avevano “osato” votare sulla “Casa del Commiato”, in difformità con la maggioranza. Certo, consci del fatto che in quel modo sfidavano il “Duca di Nardò” Pippi Mellone che ha voluto fare come il suo pari di qualche secolo prima, Giangirolamo II, detto il Guercio di Puglia; personaggio che strapazzava i suoi nemici e all’occorrenza li eliminava fisicamente.
Mellone non arriva sino a tanto, ma è bastato che i due consiglieri disobbedissero, per essere presi a sberle (eufemismo) e cacciati in diretta…televisiva (fatto realmente avvenuto). I due consiglieri, non certo alle prime armi ed evidentemente “istruiti”, non si erano persi d’animo e in quattro e quattr’otto avevano formato in consiglio il gruppo “Fratelli d’Italia”. Sin qui la cronaca delle scorse settimane, e che poi in un batter d’occhio si è arricchita a Nardò di una sezione di Fratelli d’Italia. A voler dimostrare che intendevano fare sul serio, riuscendo a far venire a Nardò nientemeno il ministro Raffaele Fitto, impegnatissimo a Bruxelles con la grande partita del Pnrr.
Tutto quello che poi è successo nella giornata dell’inaugurazione, è conseguenza della situazione che vede Mellone e Fratelli d’Italia (dunque, Fitto) su sponde opposte. Si narra che un invito “istituzionale” sia comunque pervenuto a Palazzo Personè ed è ragionevole pensare che ci sia trovati tutti di fronte a uno psicodramma. Se andare o meno. Se inviare un telegramma. E’ certo che ne abbiano parlato tra loro.
Alla fine, al momento dell’inaugurazione non s’è visto nessuno, se non un isolato ex assessore dell’attuale giunta (Giampiero Lupo ndr). Non s’è fatto vedere Pippi Mellone, a conferma della distanza che lo separa dal potente ministro meloniano. E, comunque, sempre di stranezza bisogna parlare. Logica (sic!) dice che Mellone poteva approfittare della venuta del ministro, saluti e ringraziamenti, per poi farsi venire qualche buona idea sul Pnrr, avere conferma sul suo andamento, visto che ha fatto affiggere un manifesto celebrativo sull’argomento. Non un saluto “di benvenuto”; dopotutto lui resta il sindaco e il ministro l’ospite, pur sempre della stessa area politica. Poi, la sede di Fratelli d’Italia, aperta in quattro e quattr’otto, ha fatto il resto e spiegava bene ogni cosa.
Eppoi, c’è la sentenza del Consiglio di Stato, su cui dirò volutamente poco, “rovesciando” l’ordine delle considerazioni. Evitando anche di entrare a mo’ di azzeccagarbugli in una discussione che è già chiusa. E con sentenza chiaramente inappellabile che dice chiaramente: a) Mellone assunse un dirigente senza concorso fatto venire da Francavilla e non tenendo conto della legge di stabilità 2016); b) Mellone fece “spazio” al dirigente chiamato da altro comune, di fatto demansionando altri tre funzionari che prontamente si rivolsero al giudice amministrativo; c) sapeva Mellone di non poterlo fare? Questo un passo della sentenza: “sussisteva eccezionalmente un impedimento normativo primario circa la possibilità di affidare ulteriori incarichi dirigenziali rispetto a quelli già ricoperti alla data del 15 ottobre 2015”. A distanza si sette anni (!) i tre dirigenti hanno avuto giustizia; per conseguenza, la questione ora sarà portata all’attenzione della Corte dei Conti; d) Chi pagherà? e) Per le norme esistenti il pesante capitolo dei risarcimenti graverà sul Comune di Nardò. Vale a dire, pro-quota, su ciascun cittadino di Nardò!
A questo punto, sarebbe davvero conseguente aspettarsi una dichiarazione del Sindaco Mellone. Che potrebbe commentare la sentenza, dirsi d’accordo o no, finanche riconoscere l’errore, dire se ha fatto tutto di testa sua o è stato mal consigliato, semmai riconoscendo che a quel tempo non aveva quella …esperienza che col tempo avrebbe acquisito. E’ certo, comunque, che questo lapidario pronunciamento del Consiglio di Stato è un duro colpo per l’immagine del Comune di Nardò. E scopre una tendenza ( comunque, non un’assoluta novità) di questa maggioranza e chiaramente del primo cittadino: voler filare sempre dritti, a dispetto di tutto e tutti. E’ la tentazione a voler maramaldeggiare in tutte le occasioni quando occorrerebbe maggiore misura e soprattutto la prudenza dell’amministratore. A cominciare dal linguaggio d’antan dello stesso sindaco, inutilmente livoroso verso quelli che ritiene i suoi tanti avversari. Anche perché, come si vede, soprattutto in politica, l’inciampo è sempre dietro l’angolo, col rischio di scontrarsi con la dura realtà. La sentenza del Consiglio di Stato ne dà precisa conferma.
LUIGI NANNI