NARDO' - E’ scomparso Elio Sanasi, una bellissima persona, storica figura d’insegnante. Oggi lo ricordano con affetto tutti i suoi giovani studenti.
Alto, anche altissimo! Così lo ricordo. Per forza! – si direbbe – se chi scrive era un bambino di soli nove anni che frequentava la quarta elementare nello storico Edificio Scolastico di Nardò. S’è compreso, per quanto appena detto, che Elio Sanasi è stato mio insegnante, anche l’anno successivo, la quinta elementare. Due anni che non ho mai dimenticato. Quella sua statura mi ha però sempre colpito, unitamente alla sua eleganza, sempre con giacca e cravatta e non averlo mai visto mancare un giorno di scuola. Non ricordo la faccia di altro o altra insegnante, poiché allora ( metà degli anni ’50), non era necessario, non c’era quel tourbillon e anche confusione che ha regolato la scuola degli ultimi decenni. La classe era ben numerosa, quantomeno per i parametri di oggi. Eravamo, ventotto, forse trenta, se non più, tutti con lo stesso grembiule e lo scudetto sul petto che indicava la classe frequentata. Anche per questo, di essere in tanti o tantissimi, nessuno ci faceva caso, al contrario di oggi quando sull’argomento non si hanno idee nemmeno chiare.
Quell’insegnante bastava e avanzava, grazie al suo impegno che sempre gli è stato riconosciuto, confermato dalle tante testimonianza di suoi studenti che nel tempo lo hanno ricordato, cercato e ringraziato per quanto aveva dato alla scuola, a loro stessi. Io stesso mi onoro di averlo nel tempo meglio conosciuto, divenendone anche amico. Persona molto apprezzata nella comunità neritina, Elio Sanasi, nella sua lunga e importante esperienza didattica è stato anche impegnato nel sindacato di categoria. Quello che ha sempre colpito di Elio Sanasi è stata quella sua capacità – si direbbe oggi – di interagire con i suoi piccoli studenti, di coinvolgerli con storie e racconti e con un metodo di lavoro che, a dispetto di tutte le novità pedagogiche, non è certo superato. Tutt’altro.
Qualche altro ricordo di scuola riguarda i miei compagni Salvatore Manieri, Massimo Falconieri, un certo Loiola, la figura del capo-classe, “a rinforzo” di autorità, come anche il “sollievo” di una sirena posta sul tetto dell’edificio (lì, già prima della guerra), a significare che la giornata di scuola era terminata e noi potevamo tornare a casa e giocare tutto il tempo. C’era anche la refezione scolastica, la mensa dove consumare il pranzo, ma non era per tutti in una volta e forse non per tutti i giorni. Però, che gioia, quando dal breve elenco, a rotazione, sbucava proprio il tuo nome! Era l’occasione per mangiare cose che non avresti trovato a casa (formaggini, carne e anche quella fragrante e odorosa “rosetta” di cui s’è persa traccia). La Geografia (oggi materia pressoché cancellata dal nuovo indirizzo ministeriale!), era la nostra passione, l’aritmetica per tanti un po’ meno, anche se in fretta ci mettemmo all’opera e conseguimmo ottimi risultati. E’ stato allora che tutti noi imparammo a memoria tutte le città d’Italia e tutti i nomi di fiumi, colline e montagne, divisi regione per regione. Ricordiamo tutto di quell’insegnamento! Cominciamo: Milano (bisognava aggiungere: capoluogo!), per poi proseguire: “Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia, Sondrio, Varese”. Così per quelle della Lombardia, come per altre regioni: “Firenza (capoluogo!), Arezzo, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa e Carrara, Pisa, Pistoia,Siena”. Siamo in Toscana. Insomma, nessuna nozione ci era estranea: da nord a sud, passando per il centro e senza tralasciare le nostre due grandi isole, Sicilia e Sardegna. Una cantilena, in ordine alfabetico, ma di grande efficacia che ogni alunno ancor oggi ricorda.
E l’obiezione di dire: ”il sapere non è quello…”, a parte che non è proprio vero, lasciamolo una volta da parte. Epperò, scherzosamente, messi di fronte a una sfida o scommessa , se chiedessimo la stessa cosa a una persona colta, a un politico o amministratore, chissà se saprebbero rispondere esattamente! Il risultato non sarebbe scontato. Ma, ricordo, anche tante storie e racconti. Uno, in particolare. La lettura delle “Avventure di Robinson Crusoe”, il grandioso romanzo di Daniel Defoe. Ce lo lesse capitolo dopo capitolo, lasciandoci sempre a bocca aperta. Letteralmente, non pensavamo ad altro, gustando le tante avventure che ci affascinavano. Eppoi, gli incredibili episodi di quel giovane naufrago inglese in un’isola deserta dell’Atlantico, l’amicizia con lo schiavo “Venerdì” e le tante difficili situazioni in cui Robinson Crusoe si era cacciato. Ricordo che il maestro leggeva in un silenzio assoluto; più che imposto, eravamo noi a osservarlo, rapiti dal fascino di quei racconti.
Era un insegnante tanto capace quanto severo, tutti lo ricordano tale. Un metodo educativo certo lontano da quello attuale ma non per questo meno efficace. Anzi. Viene ricordato che ad inizio d’anno erano tanti i genitori che cercavano di averlo come insegnante per il loro figlio. Abbiamo seguito con apprensione la malattia dei suoi ultimi anni, sempre sperando nella sua guarigione. Che, purtroppo, non c’è stata, sino al triste epilogo finale. Anche aggravato da dolorose vicende familiari che lo avevano profondamente segnato. Ne ero anche informato, grazie a quanto mi riferiva il suo collega, l’insegnante Francesco del Sole, originario di Nardò, suo vecchio amico, da anni residente a Milano. Avrebbe meritato maggiore serenità – mi dice - ma i gravi lutti, prima della moglie Maria, anche lei insegnante e dopo della figlia Maria Rosaria, professoressa in giovane età, l’avevano duramente fiaccato. Addio, Maestro!
LUIGI NANNI