NARDO' - Che la sanità sia in ginocchio è sotto gli occhi di tutti. Questo stato di cose si può correggere col buonsenso, almeno per il minimo vitale, anche se pare siano in atto dinamiche complesse, anche interne alla stessa sanità locale, perché l'ospedale chiuda davvero in toto e senza appello. Intanto il day hospital oncologico del San Giuseppe - Sambiasi non chiude più per ora perché ci sono state diverse reazioni dopo la notizia che il dottor Giovanni Santacroce sarebbe stato trasferito a Gallipoli con contestuale sospensione delle chemioterapie. Leggete per il seguito.
Proteste dei pazienti, collasso del reparto di Gallipoli, immediata reazione dell'Amministrazione comunale con il sindaco Risi e il consigliere Rocco Luci che si sono mossi per scongiurare l'evento chiedendo alla direzione della Asl di Lecce di soprassedere.
Ciò si è verificato, la Asl ha riscontrato le difficoltà dei pazienti e dei reparti ed il dottor Santacroce è stato raggiunto di un nuovo ordine di servizio con il quale può rimanere a Nardò fino al reintegro di un medico in Medicina. Dopo Pasqua verrà riunito un tavolo tecnico per la revisione della delibera originaria con la quale il day hospital veniva, di fatto, smantellato ma, di fatto, non ci sono molti margini perché è il piano per la distribuzione dei reparti oncologici in provincia, noto già dal luglio scorso, a stabilire quanti reparti saranno attivi e che i day hospital devono sparire.
La domanda finale che bisogna farsi è, dunque, solo una: se il day hospital deve essere chiuso e seguire la sorte del reparto di Medicina, che sarà trasferito, perché si prevede la chiusura del servizio da un giorno all'altro - il 28 arriva l'ordine di servizio e il primo aprile è già operativo - e non con un congruo lasso di tempo perché la gente, gli operatori, la politica assimilino la novità e si organizzino di conseguenza?
E ritorniamo alla primissima frase di questo articolo. Siamo nelle mani del Signore, per chi ci crede.
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Ecco che cosa è successo davvero il primo di aprile. Ecco come i pazienti, disperati, hanno accolto la brutta novità. Ecco perché non ci fidiamo più dell'isteria con cui i manager della sanità annunciano il presunto potenziamento dei servizi sanitari sul territorio neritino.
La chiusura, di fatto, del day hospital oncologico del San Giuseppe – Sambiasi, dal primo aprile, appare come l'ennesimo bidone tirato dalla politica sanitaria alla città e al suo comprensorio.
Il reparto, infatti, resterà aperto due giorni alla settimana per il solo ambulatorio mentre tutti i pazienti che devono sottoporsi a chemioterapia dovranno spostarsi a Gallipoli. L'ambulatorio, per dirla tutta, serve a ben poco in questa specialità.
Il responsabile, Giovanni Santacroce, con alle spalle vent'anni di esperienza a Modena, ha scoperto di dover andare via il 28, l'altroieri. Ed ora sarà anche complicato andarlo a spiegare ai pazienti che non sono, diciamo così, “normali”.
La fragilità, il bisogno di comunicare del malato di cancro va al di là dei numeri che, comunque sia, sono molto soddisfacenti, e di gran lunga, anche rispetto ad altri servizi simili come quello di Galatina. La chiusura, dunque, appare inspiegabile alla luce delle 3900 prestazioni effettuate nel 2009 contro le 1600 dell'altro centro. In passato i direttori generali che si sono avvicendati al comando si sono complimentati più volte con il responsabile medico ma tutto ciò non è servito a nulla.
Nemmeno una recente controproposta formulata dallo stesso Santacroce, da Dario Muci che è il primario di Medicina, dal direttore sanitario dell'ospedale Luigi Cosentino e col sostegno di chirurghi, urologi, ginecologi, internisti di Copertino è servita a nulla. Nessun ascolto, nessuna risposta.
I medici osservano che il principio di “rete”, così come lo prevede il piano di riordino, non viene rispettato se c'è solo l'ordito e non la trama: due ospedali soltanto, Lecce e Gallipoli, non possono rappresentare una rete ma solo due rette.
Questo non ha comunque interessato i manager della sanità e nemmeno i dati di Nardò: 265 pazienti in chemioterapia a Nardò e altrettanti che hanno terminato i cicli e sono sotto stretto controllo da parte dei responsabili del centro e che vengono seguiti quotidianamente nella programmazione dell'iter che prevede altri accertamenti.
La risposta dei manager è stata lapidaria: dopo soli tre anni di attività e tanta risposta dal territorio, che non comprende solo Nardò ma tanti paesi vicini, bisogna chiudere tutto.