NARDÒ - Nino, da oggi in avanti, avrà una gran paura di sbagliare un calcio di rigore anche se non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. E men che meno un bambino.
Siamo a Nardò durante un caldo pomeriggio di piena estate. E' il 12 di agosto e in un impianto sportivo privato alla periferia della città, sul campo di luminosa erba sintetica che da tempo ha sostituito il rettangolo di terra e polvere, si svolge una partita valida per un torneo riservato alla categoria esordienti, vale a dire calciatorini di età compresa tra i 10 e i 12 anni. Proprio gli anni del “Nino” di Francesco De Gregori.
Fischio, calcio d'inizio e via. I bimbi sono replicanti dei campioni tivù: non solo il campo ma anche scarpini, magliette e sponsor sembrano usciti dalla trasmissione sportiva di grido e, della romantica leva calcistica del '68, non c'è più nemmeno il ricordo. Mancano solo le veline palpitanti a bordo campo mentre di “papy ultras” sugli spalti ce ne sono in abbondanza. E incitano, urlano, gridano ai propri figli di darla, quella caspita di palla, e di scattare sulla fascia, di crossare, di alzare la testa. Una genìa di commissari tecnici, una furia faziosa alimentata da troppo calcio virtuale e da tante frustrazioni represse.
Come spesso succede in casi così c'è una squadra che prevale di gran lunga sull'altra perché, a questo livello, bastano due bimbi leggermente “fuori quota” per fare la differenza.
Il triplice fischio finale è un sollievo per Nino ma il peggio deve ancora arrivare: mentre sta per guadagnare gli spogliatoi viene prima strattonato da una donna e poi preso a schiaffi dal marito di quest'ultima, un milanese 63enne in vacanza del Salento.
Sono i genitori di un compagnuccio di squadra – non un avversario – e lo accusano di non aver passato bene la palla al proprio figliolo. Lui sì, campioncino dei nostri stivali, che l'avrebbe saputa spedire in quella maledetta porta avversaria se solo l'avesse ricevuta come dio (pallone) comanda!
L'arbitro annichilisce, i parenti di Nino reagiscono, il milanese non demorde: “quello “l'è un bidun”, mio figlio deve a lui la sua prestazione altalenante”. Manca che invochi la moviola.
Si rischia la rissa, un poliziotto in borghese la evita, c'è lo strascico di querele che arriva fino a ieri quando il commissario di Nardò trasmette gli atti al giudice di pace.
“Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette, prima o poi giocherà con la maglia numero settantasesette”. E questo è Nino, cui il cuore pieno di paura darà forza e consapevolezza dei propri limiti. Mentre il figlio del milanese non ha scampo: d'ora in poi dovrà giocare di nascosto dal padre o darsi alle freccette.
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Di seguito il video dell'intervento del vicedirettore della Stampa di Torino, Massimo Gramellini, durante la trasmissione "Che tempo che fa" condotta da Fabio Fazio.
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