NARDO' - Pingpong sui conti pubblici: la Ragioneria generale dello Stato scrive al Comune di Nardò il 16 maggio per annunciare che l'Amministrazione ha, di fatto, sforato il patto di stabilità perché le certificazioni del saldo finanziario non sono controfirmate dal presidente dei revisori dei conti.
Non solo: la stessa nota, in coda, annuncia che ora sarà necessario applicare le sanzioni previste in questi casi. Secondo il decreto legislativo che disciplina la materia si tratta di questo: il Comune non può impegnare spese correnti in misura correlata all'ultimo triennio; non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti attraverso mutui e prestiti; non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto.
E' anche vietato agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione; è tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza. La conseguenza ulteriore è che il funzionamento della macchina amministrativa, per un anno, costerà di più e potrebbe rendersi necessario l'aumento delle imposte locali.
Ma c'è un'altra conseguenza legata ad alcuni atti sottoscritti, in questo primo semestre, dall'Amministrazione tra i quali ce ne sono alcuni che rientrerebbero nelle fattispecie indicate dal decreto e che sarebbero “vietate”. Ora bisognerebbe fare un passo indietro? Per ora non se ne parla: il sindaco Marcello Risi intende andare a Roma, al ministero dell'Interno, a quello delle Finanze ed alla corte dei conti, per spiegare le proprie ragioni e la rigidità della legge.
Solo due mesi fa, infatti, l’Amministrazione comunale aveva trasmesso al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato il prospetto senza la firma del presidente del collegio dei revisori, Alessandro Sanasi, il quale ritenne che il patto di stabilità non fosse stato rispettato a causa del mancato riconoscimento dei debiti fuori bilancio.
Risi considerò errate queste valutazioni ritenendo che la competenza spettava al Consiglio comunale e che nessuno poteva imporre ai consiglieri comunali il riconoscimento di debiti fuori bilancio – ereditati dalla precedente gestione - senza l’esame rigoroso che ogni procedimento richiederebbe. Ora, però, c'è chi chiede comunque il conto.