TERRE EMERSE - Qualche giorno fa, facevo riferimento alla biasimabile pratica molto in voga negli ultimi mesi dell’abuso della decretazione d’urgenza per questioni che dovrebbero essere (almeno) approfondite dal Parlamento prima di diventare legge. Il dl IMU-Bankitalia ha creato un polverone di polemiche non indifferente sotto il quale, pian piano, è andata insabbiandosi la vera discussione: quella sull’opportunità dell’adozione delle misure sulla ricapitalizzazione della Banca d’Italia e, soprattutto, sulle motivazioni per cui si è sentito la necessità di legarle al decreto sulla sospensione del pagamento della seconda rata dell’IMU.
Nonostante una notevole percentuale di deputati e militanti del PD si sprechi nell’addurre le motivazioni più disparate, riproponendole in tutte le salse, lo stesso Roberto Giachetti (PD) ha ammesso che “Non è possibile avere a che fare con provvedimenti così disomogenei. Dare lo spazio al governo di agire e di portare a compimento atti e leggi in un tempo anche limitato va bene. Ma non può fare quello che gli pare. Io a volte mi sono trovato a votare testi in cui dentro c’erano le Olimpiadi di Torino e la Fini-Giovanardi…”
“Ma non può fare quello che gli pare” mi sembra la frase più interessante, soprattutto dopo che lunedì Dario Franceschini, ministro per i Rapporti con il Parlamento, ha annunciato che il governo porrà la questione di fiducia sul decreto legge svuota-carceri. Quali conseguenze implica tale decisione? In sintesi, ponendo la fiducia decadono tutti gli emendamenti proposti e la legge dev’essere votata così com’è stata presentata dall’esecutivo; il governo lega in questo modo la sua sopravvivenza all’approvazione del (in questo caso) decreto legge.
E’ interessante osservare come solo la settimana scorsa la Boldrini si avvaleva della “ghigliottina” per tagliare via 164 interventi e procedere direttamente con la votazione sul decreto IMU-Bankitalia e come, lunedì, il ministro per i Rapporti con il Parlamento dimostri che il governo, con le Camere, si trovi piuttosto ai ferri corti. Certo, si tratta di tatticismi politici da veterani dei regolamenti parlamentari per assicurarsi che il decreto diventi legge e ostacolare l’ostruzionismo dell’opposizione, ma forse ci si dovrebbe dare un po’ una regolata e tornare a vedere palazzo Montecitorio non come un ostico campo di battaglia (eccezion fatta per le scene cui abbiamo assistito negli ultimi giorni), ma come il primo luogo dove si fanno le leggi.
Il tutto mentre la Commissione europea, nel Rapporto anticorruzione 2014, denuncia che il totale dei costi diretti della corruzione in Italia ammonti a circa 60 miliardi di euro all’anno, pari a metà della cifra complessiva su base europea, e che il 97% della popolazione ritenga che la corruzione sia diffusa in tutto il Paese.
Già, vero: è tutta una questione di fiducia.
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(a cura di Federico Plantera)