A DOMANDA NON SI RISPONDE. SI PUO’?
S’infiamma la campagna elettorale
Durissime le accuse a Mellone e alla sua compagine da parte dell’ex sindaco Marcello Risi
Ma – si osserva – nessuno risponde e non succede niente, meno di niente
Questo è il classico caso in cui il cronista non ci mette niente di suo. Riferisce soltanto, prende le parole di altri e non fa nessuna fatica a riportarle. Pensa anche che tutto filerà liscio come l’olio. D’altra parte, si chiarisce subito, e detto in generale, non rispondere a una domanda (in questo caso a più domande, l’”oggetto della materia trattato), non si è certo obbligati. Non è reato, non c’è nessun codice da applicare; s’è soltanto sentito parlare di buona educazione. Ma qui, obiettivamente, c’è dell’altro, di diverso, e il motivo del contendere è lontanissimo dal gioco o dal pettegolezzo, da schermaglie tipiche del momento elettorale e su cui poi passare velocemente. Si tratterebbe, invece, secondo gli interessati, di sostanza, finanche grande e corposa, di gravi accuse, circostanziate, tali da interessare direttamente, stavolta sì, il codice. Ripeto, non è il cronista che parla, stavolta sono altri a farlo.
Dove, dunque, starebbe la stranezza o singolarità della vicenda, ammesso che la si possa così chiamare? Che una mente di medio calibro possa credere che di fronte ad accuse di particolare gravità, il presunto accusato reagisca, abbia il dovere, l’obbligo di rispondere se crede di doversi “difendere”. In ogni caso, dicesse la sua. Di più, ove si sentisse offeso o particolarmente offeso, si rivolgesse al suo avvocato e gliela facesse pagare. A chi? Ma, all’accusatore! A Risi in questo caso, che avrebbe “ardito” sfidare e intentare, come viene detto, una lite temeraria. E’ tutto in questo assunto, lo scontro di questi giorni Risi-Mellone.
Ma non è successo niente e c’è da giurare – si sente in giro - che nulla succederà almeno sino allo spoglio delle elezioni. E lo dice il cittadino comune, che avendo letto di dichiarazioni di particolare durezza e di chiamata in causa, vorrebbe capire chi ha torto e chi ha ragione. Non s’accontenta delle chiacchiere. Insomma, vuole vederci chiaro, chiede se per caso ci sarà pure un giudice a Berlino e, più banalmente, se si può aver un po’ di giustizia a questo mondo.
Colpisce il fatto che questa stessa argomentazione-ragionamento (beninteso, insieme ad altri),venga fatta dall’ex sindaco di Nardò, l’avvocato Marcello Risi, che ha imbastito contro l’attuale sindaco Mellone, altro avvocato, una serie di pesanti accuse, (una vera requisitoria), da domandarsi come mai queste stesse accuse non vengano rintuzzate da lui ( da Mellone) o dalla sua parte, anzi smontate a botta di denunce, contro-denunce, lancio di pietre, richiesta di rettifiche di stampa. Alla fine – deducono - un semplice e sano ragionamento. Che, però, non sembra bastare e nemmeno necessario, se non succede poi niente. E, dunque, cosa ha detto Marcello Risi (ovvio, con libertà di ritenerlo vero o meno, alla fine credibile)? Che Nardò si avvia alle elezioni sotto la cappa di un atroce dubbio, poiché succede che quel Pippi Mellone che si ricandida – dice - è lo stesso che è indagato dalla Procura di Lecce per aver falsificato le firme dei candidati nelle elezioni del 2016! Nel mentre si è in attesa che il grafologo finalmente si esprima! Ne consegue – testuale -che cittadini responsabili mai affiderebbero la loro città a un falsario, prendendosi beffe della legge, della giustizia, degli organi di controllo, degli avversari politici. Mamma mia, che accusa! Vi giuro che se chiamassero falsario il vostro cronista, lo stesso non completerebbe nemmeno questo pezzo, poiché andrebbe subito dal suo avvocato e farsi rappresentare!,
Pensate che di fronte a queste durissime accuse qualcuno, in questo caso Mellone, abbia mosso un dito? No, non è stato fatto. E nemmeno quando si è parlato del furto delle prove ( firme false) che è stato commesso negli uffici del Comune! Ma forse l’attacco più tagliente e diretto – sempre secondo la denuncia, Risi lo riserva alla lentezza della giustizia e delle istituzioni preposte ai controlli (Miinistero dell’Interno, Prefettura, Corte dei Conti). Pensate che sia successo qualcosa? O che qualcuno abbia risposto, sentendosi offeso e chiamato in causa? No, non è successo niente. Alla fine, però – tutti d’accordo - bisognerebbe chiudere la partita e, come si dice da qualche millennio a questa parte, “ciascuno si assuma le proprie responsabilità”.
Ora, mettetevi nei panni di quell’elettore neritino di cui abbiamo parlato, rientrato appositamente a Nardò per votare ( e trascorrervi un paio di settimane di vacanza) e che ha seguito questo guazzabuglio. E che vorrebbe che il campo fosse sgombrato da ogni irregolarità. Secondo lui bisognerebbe adoperarsi tutti per il buon nome della città e chiedere a tutte le istituzioni uno scatto eccezionale di responsabilità. Nessuno, però – ha aggiunto - finora si è mosso.
E ne consegue che, sempre secondo la perentoria denuncia di Risi, “si vada alle urne bendati”. Capiamo il senso, ma stavolta si andrà a votare a occhi ben aperti e sempre con mascherina, non fosse altro per il fatto di dover bene “interpretare” la scheda. Ricordiamo che a parte i quattro candidati a sindaco: Falangone, Frasca, Mellone, Ronzino (ordine alfabetico) ci sono la bellezza di 434 (quattrocentotrentaquattro) nomi che ovviamente non possiamo qui riportare. A loro tutti, comunque, va l’apprezzamento per la partecipazione al voto della loro città, il 3 e 4 ottobre prossimi.
LUIGI NANNI