NARDO' - Volendo parlare del professor Pantaleo Dell’Anna, in questi giorni scomparso, ho rovistato tra i ricordi per cercare il momento preciso di quando l’ho incontrato la prima volta.
Ne avevo sentito comunque riferire il nome. Credo sia stato all’edicola “Antonella”, oggi purtroppo cessata, in via Raho. Abitavo a pochi passi.
Una, due volte. Poi, sempre più di frequente. Col tempo, quell’appuntamento era diventato quasi abituale (ci sono lettori che, acquistato il giornale, amano “stazionare” in edicola; non si accontentano di quanto poi leggeranno; per loro è anche l’occasione per salutare un amico lì incontrato, per scambiare un’opinione. E questo spesso succedeva. A volte si creava un piccolo assembramento (?!).
Il Prof. Pantaleo Dell’Anna mi era parso quello più abitudinario, incontrandolo sempre più spesso, di solito in tarda mattinata. E subito valutai, senza comunque conoscerlo, che “quel” signore distinto e colto (lo desumevo da alcuni libri che oltre ai giornali comprava), per quello che diceva, mi ricordava e forse era lo stesso autore del fantastico racconto di Robert Walser, La Passeggiata. Subito ne ebbi conferma, dalle prime parole scambiate, con un modo di porsi che suscitava simpatia e curiosità. Avendo poi io appreso che in passato era stato anche un professore, ebbi subito l’impressione che non avesse mai smesso di insegnare, anche dopo aver lasciato la scuola per raggiunti limiti di età. “Quella” persona trasmetteva fiducia e serenità dell’agire; unitamente alla mitezza che sempre poi l’avrebbe caratterizzato.
E tutto questo si era appropriato delle nostre rapide conversazioni. “Quella” persona – osservai – doveva avere qualità davvero speciali.
Solo successivamente venni a sapere che era originario della vicina Copertino e sacerdote, qui a Nardò; le due città che oggi piangono la sua scomparsa, a cominciare dal mondo della Chiesa, della sua Chiesa, dalla quale mai si era staccato e che ha intimamente vissuto sino agli ultimi giorni. Nonostante – la vulgata - non fosse più sacerdote in un ben preciso momento della sua vita, per essere poi passato, come si dice, allo stato laicale. Ma – si converrà – non c’è sacerdote che smette di essere tale e anzi, se è possibile dirlo, “Don Pantaleo” continuava a vivere la sua grande scelta con un sovrappiù di forza e coinvolgimento emotivo. Dunque, “quella” persona restava pur sempre un prete di cui comunque non conoscevo quasi nulla.
Per poi scoprire che in anni passati era stato lungamente a Roma, aveva frequentato facoltà teologiche, conosciuto Vescovi e Papi. Da lì – si capiva - proveniva la sua grande formazione. E nonostante questo, si confermava il suo carattere mite e anche se talvolta amava richiamare qualche sua passata esperienza, lo faceva con attenzione e pacatezza, non senza mia meraviglia per quante persone avesse incontrato, con quanti aveva collaborato, dispensando sempre generosi apprezzamenti. Come nel caso dell’amico vescovo di Nardò Antonio Rosario Mennonna. Ben presto seppi di più, leggendo alcuni dei suoi numerosissimi scritti. Quelle volte si trattava della rivista ANXA diretta dal professor Luigi Giungato, con articoli che chi scrive ha in parte raccolto. Più che semplici articoli erano, però, veri e propri saggi sul mondo della Chiesa, sul suo orientamento, sulle problematiche che pure l’hanno attraversata. E lo faceva con uno sguardo alto, con una scrittura stentorea e sempre chiara, dove il rispetto era tutto, e tuttavia s’intravedeva il suo moto di libertà, il coraggio, talvolta il “disallineamento” rispetto a certe prese di posizione, a dogmi che forse. secondo lui, presentavano qualche crepa. “Mi guardavo bene”, dall’imbastire una riflessione su temi di grande portata, rispetto ai quali scontavo tutta la mia incompetenza (rammento comunque qualche battuta sul Concilio Vaticano II, sull’enciclica “Fratelli Tutti” oppure sul teologo Hans Kung di recente scomparso, da lui molto apprezzato, parlando quella volta dell’”infallibilità pontificia”. A dire il vero, lui parlava ed io stavo ad ascoltare. Come si faceva a competere con “quel” prete?)
E’ certo che si rendesse conto di tutto, ma per lui questo non era certo importante. C’è stata, poi, la stagione dell’impegno sociale e politico che ci ha accomunato: lui non più giovane a trasmettere energia e convinzione. Riuscimmo a editare un giornale, un periodico, “Costruire Insieme”, lo stesso nome della nostra Associazione, stampato in migliaia di copie e diffuso gratuitamente. Interessò tantissimi lettori. Per chi ha una qualche conoscenza, fare un giornale non è cosa facile. C’è una complessa organizzazione e svariati adempimenti dietro l’uscita di un giornale. Problemi logistici, collaborazioni, impegno finanziario. In tutti quei casi, il Prof. Dell’Anna o semplicemente Pantaleo (quando trovavamo il “coraggio” di chiamarlo così), con umiltà si abbassava al ruolo di travet, a significare in quale considerazione avesse l’impegno, il lavoro.
Sino a diventare amici, unitamente alla moglie Rina e al figlio Antonio che nella Chiesa del Carmine ha ricordato il padre con devozione e con coinvolgimento tanto intenso quanto lucido, per non essere travolto dal dolore. “Pantaleo” di sicuro questa cosa l’avrà apprezzata. Sempre ci si stupisce quando una persona muore, soprattutto se si è stati insieme sino a poche ore prima. Non c’era stata alcuna avvisaglia negativa. Ma anche questo, ineluttabilmente, è forse un modo per ricordare una persona con maggiore vivezza. Rammentando l’episodio di qualche giorno addietro, quando mi ha chiesto di procurargli il giornale. Quella mattina non si sentiva di uscire. L’ho trovato seduto su una comoda poltrona; scambiammo qualche idea sull’attualità, lui amabile conversatore. Si aggiunse la moglie Rina per saluti che non erano mai sbrigativi. A casa di “Don Pantaleo” c’era sempre posto per tutti e così da sempre. Per il piacere di stare insieme e discorrere. Nonostante avessi, poi, imparato a conoscerlo, ogni giorno di più, avvertivo ugualmente la forza di quella personalità, ma la sua qualità stava nel fatto di non darlo mai a vedere! Ricordo che ripose con cura il giornale portatogli e cominciammo a chiacchierare. E come per quei tanti che amano leggerlo e hanno la bella abitudine di sfogliarlo, pagina dopo pagina, pensai che l’avrebbe subito fatto non appena fossi andato via. Un’altra copia non gliela potrò più portare. Peccato, Pantaleo!
LUIGI NANNI