NARDO' -Un pannicello caldo, anzi appena fresco, davanti ad un'emergenza molto più grande. Ma la misura è "coerente" con la necessità di apparire dell'Amministrazione comunale. Con i catarifrangenti o senza.
L’ASTRUSA INIZIATIVA DELL’ASSESSORATO ALLA POLIZIA LOCALE. NON DI “PETTORINE” GIALLE MA DI LAVORO E INCLUSIONE SOCIALE I MIGRANTI HANNO DAVVERO BISOGNO
Ho stentato a comprendere, non dico a “digerire”, il senso della notizia che ha riguardato i migranti-lavoratori che a centinaia in questo periodo sono presenti qui a Nardò, segnatamente nella Masseria Boncuri. Una notizia che a leggerla, per come è stata rappresentata, ha dell’inverosimile e si presta a una qualche considerazione. Alla fine, si potrebbe argomentare che tutto è fatto a fin di bene, cosa di cui non si avrebbe motivo di dubitare. Senonchè, disposti a capire se lo è davvero, si è giunti alla facile conclusione che, per come “è stata volgarizzata”, l’iniziativa di sicuro non lo è. Anche perché bisogna avere memoria del passato e “tatto” necessario, ricordando quanto Nardò ha sofferto per una condizione di sfruttamento del mondo del lavoro. Eppoi, bisogna far attenzione anche ai simboli , davvero non l’ultima cosa. E non sono i 150 “gilet gialli” del costo di pochi euro donati ai migranti, una misura “coerente”, una “procedura” per “far pace” col passato.
Non so – detto dai migranti - se si siano reso conto di tanta bizzarria: quella di pensare alla loro sicurezza quando “attraversano la strada”. “Grazie, non ne abbiamo bisogno – potrebbero rispondere – ne abbiamo viste di peggio e di tutti i colori!”. E, invece, persino una “cerimonia” di consegna. Di cosa si tratta? Dall’assessorato alla Polizia locale di Nardò sono stati forniti ai migranti 150 “gilet gialli”; per intenderci, quello che avete in auto e che forse non avere mai usato. La ragione? Dicono, per “motivi di sicurezza”, soprattutto nelle ore serali con il flusso continuo di mezzi che dal centro-città porta al campo Boncuri (siamo sulla strada per andare a Lecce). A significare che non fa niente per tutte le altre ore “del giorno”, quando i gilet gialli non servono e invece ci si spacca la schiena nei campi (a proposito, che fine ha fatto l’ordinanza “anti-caldo” di Mellone, quando proprio quest’anno avrebbe dovuto essere annunciata con maggiore solennità?)
Uno dei tanti problemi è stato sempre quello del trasporto dal campo Boncuri. Qualche rara bicicletta e tanto andare a piedi con la spesa sottobraccio (ma ho visto un migrante camminare con una cassa d’acqua; mi sono prestato per un passaggio in auto). Dunque, martedì scorso l’assessore Marcello Greco e il presidente dell’Associazione “Alla Conquista della Vita” Walter Gabellone hanno consegnato ai migranti quanto senz’altro non si aspettavano, lasciandoli persino perplessi. “Gilet gialli, vabbè!” (per la verità, l’invito di Gabellone rivolto all’amministrazione e poi accolto, per la sua parte di competenza, tema sicurezza stradale, è pienamente apprezzabile e il suo compito finisce lì. Avrebbe dovuto essere invece essere l’assessorato, fatte salve le buone intenzioni, a curare meglio l’iniziativa e non …immiserirla).
Non si ricorda di quante volte (diverse amministrazioni!) s’è detto di un pulmino che ad ore dedicate, un tot di corse al giorno, che trasportasse i migranti dal campo in città e viceversa. Non sarebbe costato una fortuna, (quanto mezza rotatoria, un paio di dossi?). Ecco, dunque, come (non) si “risolvono” i problemi a Nardò! Non intendiamo gettare la croce addosso a nessuno, ma questa storia dei gilet gialli ha il sapore acre del “distinguo” e della “separatezza”. Sentimenti che in qualche modo colpiscono un po’ tutti. Venendo anche a sapere che quest’anno per loro c’è meno lavoro. Angurie, pomodori e altre colture danneggiate.
Ci sono tanti modi se si vuole dare una mano ai migranti che affollano le nostre campagne. Vengono da noi per lavorare e sostenere le loro famiglie; un sano lavoro che dia dignità e appagamento emotivo. Non certo esclusione sociale che – dobbiamo riconoscere – a Nardò non c’è mai stata. Però, potremmo fare di più, cosa che senza enfasi e con grande generosità la Caritas fa da tempo, dando sostegno a quanti chiedono aiuto. Ci risulta che anche privati cittadini non fanno mancare la loro vicinanza (in passato un medico ha prestato gratuitamente la sua opera).
Quello che però manca è un’idea di piena inclusione. Lontano dai loro Paesi, dagli affetti, i nostri migranti-lavoratori hanno bisogno di un sostegno psicologico che ciascuno di noi può dare “a buon mercato”. Basta finanche un sorriso, una chiacchierata, anche il solo prendere insieme un caffè.
Eviteremmo di vederli sempre e soltanto con gruppi di loro connazionali o altri migranti e mai, invece, in un gruppo “misto”, sorridere e scherzare. Ci è venuta anche un’idea che potremmo concretizzare per la prossima stagione: aprire una pagina web e raccogliere le loro istanze, i loro bisogni. Sarebbe l’occasione per conoscere meglio il loro mondo e, con quello che sappiamo del nostro, metterli a fruttuoso confronto.
LUIGI NANNI