NARDO' - Il mio scritto si riferisce a quanto annotato dall’amico Giovanni Però, prescindendo, quindi, dall’articolo cui egli faceva riferimento.
Concordo appieno con quanto scritto da Giovanni anche nelle esortazioni, che ritengo opportune e che mi auguro efficaci almeno in quelli che intendono ascoltare.
A margine mi permetto di annotare che c’è un’inquietudine di positività, come quella di Totuccio Calabrese, che apprezzo, ma c’è anche un’inquietudine di protagonismo, che, ovviamente non apprezzo.
Quest’ultima, infatti, prevale in coloro che, appellandosi, «ieri», al nuovo superiore, moralizzatore e migliore, hanno, nel «dopo» stando al potere, dimostrato che spendibile, incoerente e arruffone era proprio il loro nuovo.
Se non c’è il senso di appartenenza, nella coerenza sia sofferta che gioiosa, non si può fare politica seria, anzi semplicemente politica, ma -sottolineo- solo proclami se si è nel Palazzo e sermoni se si è nella piazza.
Le cosiddette nuove generazioni -e ne soffro- hanno, da una parte, fatto perdere il senso dell’identità politica, sofferta e, per questo, propria e matura, e, dall’altra, con il «particulare» personalistico, cioè il «particulare» non politico-partitico-culturale, hanno condizionato la fantasia e l’efficienza della gestione amministrativa.
Ebbene, caro Giovanni, che queste cose sappiano e di esse prendano coscienza; che aprano il libri della politica e dell’amministrazione e di essi facciano tesoro… e si impegnino ad essere veramente superiori a noi e migliori di noi per la rivalutazione della politica e per il rilancio di Nardò.