NARDO' - Eravamo a Roma, durante quella primavera del 1990. Giovani e spensierati. Decidemmo di trascorrere l'intera nottata davanti alla filiale della Bnl di via dei Prati Fiscali insieme con centinaia di persone: dalla sera fino alle 9 del mattino quando, finalmente, riuscimmo ad entrare nella banca e comprare i biglietti per tutte le partite che si sarebbero giocate all'Olimpico.
Una volta a casa, dopo un buon caffè, spinti dall'euforia decidemmo di preparare uno striscione da portare allo stadio. "Ma che cosa ci scriviamo sopra?"
Forza Italia, all'epoca, si poteva ancora dire ma era scontato. Così arrivò l'illuminazione: "Nardò con voi". Semplice, immediato, geniale e... glocal. Anche se allora questo termine non esisteva.
Poi iniziarono i Mondiali delle "notti magiche".
Incredibilmente all'ingresso ci fecero entrare con questo lenzuolone.
Ma poi arrivò il secondo interrogativo: "ed ora dove lo attacchiamo?"
Salimmo su, fino in cima alla curva, per fissarlo in un posto assurdo, inespugnabile: sotto il maxischermo dello stadio.
Il clima della curva non era quello degli ultrà ma c'erano molte famiglie e persone arrivate lì da tutta Italia. Stavano tutti a fare il tifo per noi, appesi in quel pazzesco tentativo di "espugnare" la grata.
Inevitabilmente arrivarono subito i carabinieri che, in alta uniforme - per dirla con le parole di De Andrè - non potevano che fare il loro dovere.
Un militare, in particolare, ci bloccò, serio e impettito: "Ma che cosa vi siete sognato? Fatemi vedere che cosa c'è scritto!"
Guardò lo striscione, penosamente fatto in casa con lo spray, e poi sentenziò: "ah... Nardò? Va bene, che io di Galatone sono!"
Comandò al suo collega di andar via e ci girò le spalle, sorridendo.
Fu l'unico striscione appeso all'Olimpico sotto il tabellone durante quelle partite indimenticabili. Inquadrato da tutte le televisioni ogni volta che la telecamera riprendeva il maxischermo e anche un successivo documentario sui Mondiali di Italia 90 immortalò quel pezzo di stoffa, un vecchio lenzuolo cucito in mezzo per farlo diventare più lungo.
Chissà quante volte, rivedendo i suoi gol, anche Totò ha letto quelle parole magari chiedendosi, unni jè Nardò?
Eravamo in quattro: Biagio, Maria Luisa, Salvatore e Gianpiero. E non dimenticheremo mai le "notti magiche" e gli occhi spiritati di quel piccolo ma grandissimo attaccante azzurro.