FERROVIE del SUD-EST, SIMBOLO DELL’ARRETRATEZZA DEL SALENTO
Sino al 2019 obbligo di velocità 50 Km/h. Utenti trattati da “paria”
Lo scandalo sta nel fatto che l'utenza ha praticamente rinunciato a utilizzare quel servizio. Per prendere l'auto
Nardò mal collegata. Non ci sono più proteste. Tutto si spiega con una utenza davvero debole: studenti, pensionati e qualche impiegato
Cari lettori, fatevi raccontare qualcosa sulla sfiorata tragedia di martedì scorso a Galugnano, da parte di chi su uno di quei treni del Sud-Est in passato ci è salito davvero (e, per fortuna, ci è pure sceso). Per centinaia di volte. Volendo, comunque, “ambientare” un servizio rivolto ai cosiddetti pendolari che è stato spesso deficitario e rappresentato un freno allo sviluppo relazionale tra comunità. Cosa che spiega abbondantemente l’arretratezza in cui versa il Salento in fatto di trasporti. Si arriva all’oggi con due treni che si scontrano frontalmente e soltanto il caso, unito alla bassa velocità del momento, non ha procurato vittime ma soltanto lievi feriti. Il “docu-film” personale risale agli anni ’70 quando prendevo la tratta Lecce-Novoli-Gagliano e viceversa, con percorrenze e orari che sono rimasti gli stessi di cinquant’anni fa. Si potrebbe dire, Sud-Est o dell’immobilità. Un’avventura che ha riguardato migliaia di operai e studenti che scommettevano ogni giorno sulla possibilità di riuscire a raggiungere in tempo il posto di lavoro o poter iniziare in orario le lezioni all’Università o nelle varie Superiori della città. Littorine e carrozze davvero fatiscenti, orari quasi impossibili, tratte disperatamente lente che non sempre andavano a buon fine.
Si partiva (sic) in ritardo e sempre in ritardo si arrivava e succedeva anche che qualche convoglio si fermasse per guasto in piena campagna. A volte noi ragazzi scendevamo e ci scappava anche di raccattare qualche frutto maturo, prima che arrivassero i soccorsi. La sensazione che ho sempre avuto prendendo quel treno era quella di non pensare al tempo che scorreva. Mi ero dato un metodo: o leggevo o stavo con gli occhi chiusi, rivolti al sonno, senza essere disturbato dallo sferragliare delle rotaie. Peraltro, uno i quei treni, fotocopia dell’antico passato, esiste tuttora: parte per Lecce alle 6.50 di mattina per raggiungere il capoluogo dopo un’ora abbondante. Ciò significa che bisognava svegliarsi di notte e correre in stazione dove, quantomeno, allora trovavi qualche addetto, sia nel suo ufficio, sia sui binari (c’era anche il capostazione). Provate oggi, o domani, ad andare a Lecce. In stazione a Nardò in alcune ore del giorno non c’è nessuno, completamente sbarrata. Sarà complicato sapere a che ora parte il treno e altrettanto dove comprare il biglietto. Insomma, un servizio per miserabili, per reietti. Guardare in faccia chi oggi prende il treno del Sud-Est è come scorrere un bel trattato di sociologia urbana, dove tutto è spiegato: le classi, la ricchezza, la povertà e l’esclusione sociale.
No va meglio col bus (Sud-Est o Stp fa lo stesso). Salite una sola volta e vi pentirete di averlo fatto. Partiamo da Lecce e nell’attesa auguriamoci bel tempo, non trovando pensiline. I 25 km di distanza da Nardò iniziano con continue giravolte che ci porteranno a Dragoni, frazioncina di Lequile; non scende nessuno, un’altra volta una sola persona. Non fai in tempo a portarti sulla Statale 101 per Gallipoli e già l’abbandoni per inoltrarti in direzione Lequile. Anche qui, a volte qualcuno scende, più raramente vi sale. E’ trascorsa mezz’ora e, si può dire, ci siamo appena mossi da Lecce, avendo percorso non più di 5 (cinque) km! Di nuovo sulla Statale 101. Finalmente verso casa? Macchè! Il bus rallenta e imbocca Collemeto dove davvero non ho mai visto anima viva salire o scendere. Ci rimettiamo in sella e dopo il percorso di una lunga complanare ci portiamo verso il Pianeta Cinema. Non c’è certezza che si proceda verso Nardò. Che abbiamo soltanto quando entriamo trionfalmente in città e tocchiamo quasi con mano l’Osanna e il Castello. Ma i neritini possono dirsi anche fortunati, poiché su quello stesso bus c’è chi dovrà proseguire, dovendosi recare a Galatone (ma spesso bloccati al passaggio a livello) e quindi a Gallipoli, per un viaggio lungo e intermittente che puoi raccontare ai nipotini.
C’è un bella pellicola-cult di qualche anno fa che invito a vedere:“Italian Sud-Est” e che parla, per l’appunto, di un viaggio su quelle ferrovie. Si passa per Alessano, Guagnano, Gallipoli, Nardò. Il pregio della pellicola (ovvio, non di quel treno), sta nei racconti in libertà dei viaggiatori durante il lungo (non poteva essere diversamente) percorso. Senza farsi pesare la fretta, senza far trasparire qualche preoccupazione. L’atmosfera è poetica. Completamente affidati al mezzo, colonna sonora e narrazione di umili figure. Anche questo, comunque, è cambiato poiché bisogna sapere che negli ultimi vent’anni le Ferrovie del Sud-Est hanno perso per strada più della metà dei loro viaggiatori (c’è chi azzarda oltre l’80%). Basta osservare il treno che passa (alla stazione Centrale di Nardò anche quattro-cinque in un sol colpo) per vedere quelle carrozze semivuote.
Anche per questo motivo – è stato argomentato – non c’è stato mai nessuno a preoccuparsi delle necessità dell’utenza, una utenza “contrattualmente” debole, ma non arrendevole, volendo comunque ricordare che non sono mai mancate le battaglie fatte da comitati di studenti e lavoratori per denunciare l’indolenza e l’omissione d’atti dei massimi dirigenti delle Ferrovie del Sud Est che, per parte loro (si è scoperto anche questo) avevano (ed hanno conservato) stipendi fuori misura. Insomma, scandalosi.
Scandali da cui le Ferrovie del Sud-Est non si sono mai scostate. Negli ultimi tempi sull’orlo del fallimento (200 milioni di debiti), poi concordato preventivo in corso in Tribunale a Bari e salvataggio delle Ferrovie dello Stato, attuali proprietarie. Le opere sono ricominciate, ma si continuerà a viaggiare con il limite di velocità fissato a 50 km/h, imposto dall’Agenzia Nazionale su tutte le reti del territorio regionale in attesa che queste siano attrezzate entro il 2019 di Scmt (sistema controllo marcia treno). Limite di velocità che probabilmente ha evitato la tragedia (ma non sono certo pochi 25 feriti, i costi sanitari, umani e materiali).
Insomma, sempre sotto tutela, per un servizio per altri versi molto costoso.
E puntualmente, in occasione di un grave fatto (terribile lo schianto del 12 luglio dello scorso anno a Corato con 27 vittime), si squarcia il velo di colpevoli inadempienze. Anche lo scontro avvenuto l’altro giorno ci dice chiaramente dello stato della situazione. Per Corato e Galugnano i giudici sono al lavoro per accertare le responsabilità (come sempre, pagherà il macchinista di turno). Per il resto, fuga dalle responsabilità, non volendo ricordare verità inoppugnabili: la Puglia ha il materiale rotabile più obsoleto d’Italia (sfiora il quarto di secolo!) e nel tempo è pure riuscita con la programmazione 2007-2013 dei fondi europei (Fesr) a farsi stanziare 83 milioni di euro per il montaggio degli Scmt a bordo treno e a terra (ed altri riprogrammati con i Fesr 2014-2020) di cui 36 milioni, comunque insufficienti, spettarono alle Ferrovie del Sud-Est che però ne spesero soltanto 5!
Una vicenda da imputare al grande ritardo nell’assegnazione di somme e opere, con la burocrazia che ingessa i lavori per evitare infiltrazioni mafiose. Non lo ha detto uno qualsiasi, ma il Presidente del Consiglio Gentiloni, all’inaugurazione dell’Alta Velocità ad Afragola qualche giorno fa.
LUIGI NANNI