BYE, BYE CINQUESTELLE!
Si spacca il Movimento e sancisce la subalternità alla Lega
E domani sarà tutta un’altra storia
Diciamolo con parole semplici. Il salvataggio di Salvini sul “Caso Diciotti” e l’astruso affidamento alla rete che si è espressa in tal senso con alcune migliaia di iscritti (59% contro “l’autorizzazione a procedere” e 41% a favore) sancisce di fatto la spaccatura dei Cinquestelle e la scoperta del loro viale del tramonto. Niente sarà più come prima. Un esito sconcertante, maturato all’ombra di Salvini che, pur stando al governo con i Cinquestelle nel rapporto 1 a 2, in poco tempo è riuscito quasi a ribaltarlo, grazie ai loro gravi errori commessi, alla linea scriteriata di Di Maio, alla posizione di subalternità verso l’alleato di governo. A questo punto, più che a guardare verso la politica in senso stretto, forse si avrebbe bisogno di qualche indicazione di tipo psichiatrico.
E’ davvero stupefacente quello che (già) è successo e come non ci sia accorti che bisognava correggere la rotta (crollo alle elezioni in Abruzzo e lo stesso forse capiterà in Sardegna) e non farsi fagocitare da quella Lega che bara a tutto campo, vuole conculcare diritti sociali e politici, e si rafforza sul fronte sovranista in vista delle elezioni europee, mentre il M5S in affanno va in cerca di spurie alleanze e non trova di meglio che voler pescare in un noto agitatore dei gilet gialli francesi, (un dissennato che invoca la “guerra civile”) peraltro forza indistinta e in caduta libera, se dobbiamo considerare l’onda xenofoba e antisemita di questi giorni con la profanazione di tombe con svastiche nel cimitero parigino.
Davvero stavolta può venirci in soccorso la psichiatria con quella che comunemente viene chiamata la “Sindrome di Stoccolma”. Vale a dire che il soggetto che ne è stato colpito (il M5S), davanti ai maltrattamenti subìti (dalla Lega) ha provato un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che lo ha spinto fino alla totale sottomissione, instaurando in tal modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima (M5S) e carnefice (Lega). A di là della libera e forse colorita rappresentazione, è quello che è successo ed è difficile confutarlo.
Ma torniamo al “caso Diciotti”, all’accusa di sequestro di persona a Salvini da parte della procura di Catania per aver tenuto per giorni forzatamente in mare 177 migranti, in un porto “italiano”, su una nave “italiana”, per l’appunto la “Diciotti”. Un accanimento senza senso verso i naufraghi salvati che certifica il nostro razzismo. Ma cos’è questa “deresponsabilizzazione”(dopo aver letto questa parola, cancellatela!) dei parlamentari Cinquestelle che potevano decidere diversamente (come pure inizialmente avevano intenzione di fare)? E, invece, cos’è questo affidamento alla “piattaforma Rousseau” per decidere la “linea” del Movimento, confermata poi in sede di Giunta delle immunità (voto 16 a 6)? Se i parlamentari Cinquestelle non avevano le idee chiare perché non l’hanno fatto anche per l’Ilva di Taranto dove anche in queste ore la gente muore davvero per inquinamento? Perché non l’hanno fatto per il gasdotto TAP quando in campagna elettorale tutti si erano dichiarati contrari? E per il “decreto sicurezza”?
Dài, questa è la parodia della stessa democrazia e l’invocazione della “democrazia diretta” un feticcio da sventolare. A parte antichi regimi e dittature di diversa natura e lignaggio, finora non si conosce sistema migliore della democrazia rappresentativa e la cosiddetta “democrazia diretta” di Atene e dintorni lasciamola confinata ai libri di storia, poiché non era nemmeno tale. Se volete, ammiriamola e auguriamoci pure che un giorno ci venga regalata. Sognare non è mai una brutta cosa.
Non ci cimentiamo sul futuro, ma per i Cinquestelle sarà tutto da scrivere. Il “fortino” c’è ancora, ma all’interno non sono poche le voci di dissenso. Cosa che potrebbe interessare sino a un certo punto, se limitata alle fortune del solo Movimento. Ma qui si sta parlando di una forza politica – oggi al governo - necessaria alla democrazia del Paese, al suo sviluppo e rinnovamento. Operazione sin qui non riuscita e con non pochi tratti di confusione nella sua stessa classe dirigente. Sino ad arrivare all’ultima vicenda (caso “Diciotti”), che lascia un retrogusto amaro, un fronte scoperto, anzi un campo aperto alla Lega e alla sua politica autoritaria, condita col suo federalismo “on demand”. Che poi possa riuscirci sarà tutto da verificare.
LUIGI NANNI