PRESIDENTI DI REGIONE – “QUESTO O QUELLO PER ME PARI SONO”
Un “Rigoletto” adattato. L’emergenza sanitaria ne ha messo in discussione il ruolo. S’impone un urgente “processo di manutenzione”
**************
Brutti tempi. D’altra parte non c’è bisogno di sottolinearlo. Ci scopriamo esausti e disorientati. E, ancora una volta, inchiodati dallo stillicidio di misure come per questo ennesimo Dpcm. Che non si fa in tempo ad annunciare, che già parte il fuoco di fila della cosiddetta opposizione, ma anche parti della maggioranza non sono da meno. Ed oggi sembra peggio rispetto alla prima ondata. Risalgono i contagi, le terapie intensive e, purtroppo, i morti. Tutto più complicato, ingarbugliato, una tempesta perfetta, nemmeno tanto sicuri che basti indossare mascherina e lavarsi le mani per uscire dalla situazione. Continueremo comunque a farlo, sperando che tutto finisca. Cosa che non pare imminente, con tanti (troppi) presidenti di regione che contestano apertamente il provvedimento, a cominciare dalla scelta fatta dal Cts- un fatto inedito - di assegnare alle stesse regioni tre situazioni di pericolosità del contagio, classificate con il colore giallo, arancione e rosso. Una sorta di Pronto Soccorso adattato alla circostanza. E’ il caso di Cirio (Piemonte), Musumeci (Sicilia), Fontana (Lombardia), De Luca (Campania), con quest’ultimo che invoca provvedimenti più drastici (ma perché alla Campania, dove sono esplosi i contagi, è stato assegnato il colore giallo?)
Ma anche altri mordono il freno, pur dicendosi pronti a collaborare. In questo clima confuso, dove i ruoli non sono ben definiti, si sostanzia la pericolosa frattura tra governo centrale e regioni, con queste ultime che hanno fatto un gioco di convenienza facendo decidere a Cts , a Conte e ai suoi ministri. Ad ascoltare il governo, le stesse regioni sarebbero state coinvolte nelle misure adottate. Non c’è mai modo di sapere chi dice la verità Si tratterà di aspettare. Il tempo ( davvero poco) ci dirà se si mostreranno efficaci e adatte a fermare il virus. Si cerca di battere ogni strada. Cosa che significa anche che qualcosa si è sbagliato. Bastava ammetterlo.
Poi, in tanta incertezza, apprensione e anche paura, il panorama politico si affolla di figure che alla prova dei fatti non hanno dato prova di grande responsabilità. Come nel caso dell’impresentabile presidente della Regione Liguria Toti dire – sempre sul covid – che i morti del giorno erano quasi tutti anziani, “persone non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese”. Parole miserabili da delirio totalitario. O, più semplicemente, parole dette da un imbecille. In altri (bei) tempi ne avrebbero chiesto le dimissioni, si sarebbe giocato la carriera e sottoposto al pubblico ludibrio. Oggi, invece, non si paga pegno e (su altrui suggerimento) si presentano ridicole scuse.
E, sempre a proposito di scelleratezze non solo linguistiche, che mostrano come non basti parlare di destra e sinistra, ma di agitatori di professione, eccoti un altro presidente di regione, come l’istrione campano De Luca a cui vengono perdonate parole violentissime contro una bambina italiana – definita Ogm –( e, dunque, contro i bambini di tutto il mondo), perché vuole andare a scuola e non può farlo a causa del covid. Qui c’ è poco da scherzare. Bisognerebbe rimandarlo ogni tanto in video per capire da chi siamo governati. Ma c’è troppa assuefazione in giro e più non ci scandalizza di nulla. Il famoso “giudice a Berlino” non è reperibile e un De Luca qualsiasi, per conseguenza, la fa franca.
Soltanto qualcosa sul presidente della Lombardia Fontana, alla prese con i suoi guai giudiziari (un po’ di favori …familiari) e a suo tempo uscito indenne dalla sua aberrante classificazione di noi tutti in “razze”, per maggiormente concentrarci sul nostro presidente Emiliano, fresco di riconferma, ma evidentemente ancora a corto di allenamento. Nella bagarre pandemica che ha scombussolato l’apparato sanitario, ha voluto giocare d’anticipo, decidendo la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Un’ordinanza da “primo della classe” ma vista la furibonda reazione di mamme e docenti, non tanto riuscita. Non c’erano motivi sufficienti per farlo, tanto da aver dovuto fare retromarcia, con la riapertura di elementari e medie. Anche l’epidemiologo Lopalco sarà rimasto spiazzato. Resta l’azzardo della misura e, diciamolo pure, il protagonismo di chi ha avuto l’ambizione di “dettare la linea”.
Beninteso, si può sbagliare e considerare veniale quanto ha fatto con la chiusura delle scuole. E’ inutile infierire. Ma ricorderà anche quando è stato imprudente. Avvenne nel periodo della prima ondata. Rispetto a tante altre regioni, la Puglia aveva un numero trascurabilissimo di contagiati. Fu allora che il presidente la definì Covid-free, invitando tutti gli italiani a passarvi le vacanze. Le sue apparizioni televisive puntavano su questo tasto. Così è stato, con numero record di presenze e affari d’oro soprattutto per bar e ristoranti. Evidentemente, anche record di contagi con discoteche da due-tremila posti, tenute aperte “rispettando il distanziamento di un metro”. Davvero ridicolo. Ora siamo “arancioni”, cioè la Puglia, e in grande affanno nell’assicurare non solo le fondamentali cure-covid, ma anche tutte le altre per le tante affezioni. Per questo mia moglie è preoccupata. Pensa alla mia età e si mostra attenta alla mia salute. Di questi tempi, pensa, è bene non sovraccaricare il servizio sanitario nazionale. Ed agisce di conseguenza. Non debbo raffreddarmi, avere il mal di gola, guai a qualche linea di febbre, attenzione anche allo stomaco e al freddo in arrivo. Certi cibi sono più adatti di altri.
Consiglia anche di non uscire di sera. Nell’armadio ha ben sistemato il vestiario occorrente per scansare ogni pericolo: maglioni leggeri e di mezza stagione per questo periodo di bel tempo, golf pesanti di lana per quando farà freddo, un paio di giubbotti, una giacca a vento se prendo il motorino, pantaloni di flanella e una sciarpa che è sempre utile. Sperando che basti.
Luigi Nanni