NARDO' - portadiMare, come sempre più spesso sta accadendo di recente, apre le danze su un argomento di cronaca. E ringrazia Graziano De Tuglie per la consueta sensibilità e per il proverbiale acume.
Nel caso italiano, e meridionale principalmente, c’è da considerare che il fiorire di autorizzazioni alle ricerche petrolifere sono tentativi “disperati” di produrre petrolio. Produrre idrocarburi, poi, dove non ci sono le condizioni per trovarne senza compromettere irrimediabilmente il territorio per una serie di fattori.
Le potenti società petrolifere, oltre a tentare di bloccare ogni sviluppo delle rinnovabili, stanno raschiando il fondo del barile (è proprio il caso di dirlo) per spremere tutto il petrolio ricavabile dalla crosta terrestre con tutti i mezzi, principalmente con i più inquinanti disponibili. Questo per continuare nel ricavare i loro colossali profitti infischiandosene dei danni all’ambiente e alle popolazioni.
Il principale dei quali è la scarsa o addirittura infima qualità degli idrocarburi reperibili.
Il petrolio reperibile in Italia è scadente in qualità e quantità, come il poco carbone che fu prodotto in epoca “autarchica”, risulta saturo di impurità sulfuree che necessitano immediati trattamenti di eliminazione nelle immediate vicinanze di estrazione con impianti di desolforazione altamente inquinanti prima di arrivare ad un prodotto finale vendibile. Impianti di questo genere, oltre ad essere estesi e a stravolgere grandi estensioni di territorio, producono abbondanti materiali di scarto che sono rifiuti tossici e nocivi. Necessitano di grandi quantità di acqua e rappresentano un pericolo per le falde a rischio inquinamento per l fessure di pozzi di estrazione e di oleodotti.
I trattamenti che i prodotti delle estrazioni subiscono hanno emissioni gassose importanti con il rilascio di sostenze altamente inquinanti come l’idrogeno solforato (H2S), i nitrati (NOx), i composti organici volatili (VOC), gli idrocarburi policiclici aromatici (PAH), i particolati.
Bisogna poi tenere conto della pericolosità che le prospezioni petrolifere e gli eventuali pozzi di estrazione possono rappresentare per un territorio ad elevato rischio sismico come è l’Italia.
Infine bisogna considerare che tutti questi rischi non portano alcun vantaggio economico per le basse royalties previste dalla legge italiana come dimostrato dal caso Basilicata. Questa regione produce il 7% del fabbisogno petrolifero italiano ma continua ad essere la più povera regione italiana come era prima dell’inizio delle estrazioni di idrocarburi. Con l’aggravante che sopporta tutte le problematiche appena descritte come sorgenti e laghi con acqua inquinata da idrocarburi, declino dell’agricoltura, del turismo, aumento di malattie, mancanza di lavoro, smaltimento illegale di materiali tossici, qualità dell’aria compromessa.
Di fronte a questa serie di rischi bisogna opporsi alle pressioni di queste lobbies orientate al profitto di pochi speculatori e puntare a ricoprire tutte le superfici costruite di pannelli fotovoltaici e di altre fonti di energia rinnovabile che siano compatibili con la vocazione agricola e turistica dei territori meridionali. L’auspicio di Fare Verde è che siano gli enti territoriali. Regioni, Province e Comuni ad opporsi alle autorizzazioni governative rivendicando il diritto di disporre della propria terra senza arrecare danni alle popolazioni che ci vivono.