NARDO' - Ecco l'articolo che si può leggere anche nel n. 3/2012 della Rassegna giuridica e culturale "Terzo Millennio" apparso nel blog terzomillennioosservatorio.blogspot.com
Il rapporto dei cattolici con la politica si imposta sulla dottrina sociale della Chiesa, cosa non facile ma necessaria per «un nuovo modello di sviluppo più equo e soddisfacente per i cittadini ».1
I cattolici, nel rispetto di quanto viene insegnato da chi rappresenta la Chiesa cattolica, seguono la via individuata secondo la lettura del Vangelo di Cristo ritenuta giusta. La soluzione dei problemi che nascono nella società si ricerca nell’orientamento tracciato da questo insegnamento. Se e nella misura in cui la Chiesa ritiene di cambiare indirizzo, adeguandosi ai tempi e all’evoluzione sociale, ciò potrà avvenire nei modi e nei tempi ritenuti dalla Chiesa stessa, non certamente con prese di posizione ventilate, più o meno direttamente, con il veicolo dei partiti politici. In tal caso il principio della laicità dello Stato, di per sé condivisibile, degenera nel laicismo aprioristico, quello stesso che, per bocca dell’uno o dell’altro, censura in determinate circostanze gli interventi della Chiesa in materia etica. Per esempio, non manca chi in ambito partitico parla di «integralismo» della Chiesa a proposito del celibato dei preti in quanto di natura non dogmatica.
Non ha senso, dunque, parlare di incontro tra il «riformismo cattolico» e il «riformismo socialista» per legittimare la presenza dei cattolici in un determinato partito, come è stato fatto in passato.
Quali sono queste circostanze ? Sono le circostanze in cui certi princìpi fondamentali dell’etica cristiana, rientranti nei criteri e nelle direttive cattoliche, cozzano con le prese di posizione di un determinato partito politico, che ne ha fatto un caposaldo ritenuto condiviso e gradito da una certa fascia di cittadini (aderenti al partito). In questi casi qualcuno – non di rado è successo – protesta, affermando che la Chiesa «invade il campo politico, che non è suo». Si sa, invece, che in materia etica la Chiesa ha competenza a intervenire e non solo a livello nazionale, ma anche universale. I suoi insegnamenti rientrano nel ruolo voluto dalla missione che le è propria.
Quali sono questi principi etici fondamentali ? Sono quelli, ricavati dall’insegnamento evangelico, che sono nell’intima coscienza dell’uomo etico e che sono rimasti intatti nei secoli nella coscienza popolare diffusa, cioè in quella parte di coscienza popolare che ha sentito come propri questi princìpi. Si cita, tra tutti, il principio del rispetto per la vita, considerata dal credente come un dono di Dio e quindi non negoziabile, non disponibile. Si è ampiamente notata una deriva nichilista che disconosce la persona umana prima e dopo la nascita, secondo i criteri del consumismo egoistico portato dal progresso. Le prese di posizione disumane, tragiche, dell’aborto, dell’infanticidio e di altre soluzioni «finali» sono suggerite dalla concezione «comoda» (materialistica) della vita e spacciate per decisioni logistiche e lecite di buon senso o di «buonismo».
Essendo i cattolici portatori di sentimenti cui aderiscono come tali, ci si chiede : quale sorte è loro riservata nei casi in cui il partito politico sposa una teoria contrastante ? Chi segue la logica di queste tragedie nell’ambito del partito politico fa discorsi sui cattolici in politica con strategie di sensibilizzazione che si risolvono in prese di posizione contrastanti con gli orientamenti, assodati, della Chiesa cattolica. Il discorso, diretto ai cattolici, è veicolato attraverso il partito politico nel quale il cattolico ha potuto opotrebbe riversarsi perché ne condivide l’ideologia di fondo che originariamente potrebbe anche non comprendere gli aspetti interessati al discorso. Ognuno fa le sue valutazioni. Ci sarebbe la possibilità che i cattolici, come gli altri, intervengano uti singuli e non come aderenti a un partito politico, anche se, com’è noto, questo rimane cosa non facile, posta la tradizionale latitanza del legislatore ordinario, che invece avrebbe dovuto favorire a livello istituzionale questa possibilità, come esercizio di un diritto vero e proprio, ai sensi dell’art. 49 della Costituzione (in cui i partiti politici assumono, chiaramente, una funzione strumentale a tale diritto).
Tradizionalmente non si è parlato di un «partito dei cattolici» (vedi don Sturzo e il «partito popolare»), in relazione al fatto che il termine partito denota una «parte». Scartata l’ipotesi del partito cattolico, si è propugnata, sulla scia del pensiero di Alcide De Gasperi, la separazione fra cattolici conservatori e cattolici impegnati sul fronte sociale in un dialogo con l’opposizione,2 ma non c’è stata unanimità di consensi da parte di chi, 3richiamandosi al valore dell’unità dei cattolici, ha inteso detto pensiero non nel senso dell’obbligo di votare per un solo partito.
Non è mancata l’ambiguità in ambito partitico, ma è arrivato il momento di riconsiderare la cosa in termini più concreti. Non si tratta di varare un partito confessionale o di testimonianza. A seguito del Concilio e del referendum sul divorzio l’«unità dei cattolici» ha rivelato la sua fragilità, ma il discorso non può finire qui. L’unità dei cattolici rimane un’istanza irrinunciabile perché «di una voce cristiana, e dunque anche cattolica, di una iniziativa politica alta che rechi il segno di quell’ispirazione, l’Italia ha sicuramente bisogno», come ha osservato Ernesto Galli della Loggia, che, però, denuncia ambiguità nella realtà partitica attuale e «silenzio cattolico», anche perché, egli ha detto, non è più concepibile una politica intesa solo come «gestione della spesa pubblica e scambio di interessi», occorrendo, invece, «nuove idealità e nuovi modelli».
E allora ? È il cardinale Angelo Bagnasco che conclude, e non si può non condividerlo, nel senso della «possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica che sia promettente grembo di futuro», con l’invito a «far convergere» i cattolici su una «piattaforma» di «valori fondamentali». E che sotto questo aspetto non manchi l’humus è di tutta evidenza, considerata la «ricca fonte di esperienza» delle associazioni cattoliche per il rinnovamento della società civile, il riconoscimento del vero significato del lavoro, la valorizzazione della famiglia e la formazione di giovani, come ha sottolineato Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere.
1 Lorenzi Ornaghi, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, 16 aprile 2012. Per lui «la politica attuale sembra lontana, estranea. Sembra che un ceto politico che ci deve rappresentare abbia scordato o non sia più capace di entrare nel cuore della realtà sia lontano da attese aspettative e dai bisogni», sicché i criteri dei cattolici che vogliano impegnarsi in politica sono «coerenza con la fede professata rigore morale, capacità di giudizio culturale e competenza professionale e, infine, passione di servizio per il bene comune». Così le minoranze creative «si distinguono dalle minoranze dominanti perché fanno andare avanti i sistemi politici». Questo appare l’antidoto per l’antipolitica.
Spesso si parla di «antipolitica» da parte di chi, intendendo giustificare la sua politica lontana dal bene comune, vuole ignorare il fatto che invece trattasi, a giusta ragione, di reazione critica.