NARDO'/COLLEMETO - Il delitto probabilmente motivato dalla relazione clandestina che da tempo i due indagati intrattenevano - il neritino e la moglie della vittima - e che era stata scoperta dal marito.
La Procura formalizza le accuse nei confronti della moglie e dell’amante dell’agricoltore di Collemeto Giampiero Murinu, 39 anni, freddato con quattro colpi di pistola, il 2 giugno dello scorso anno. Si tratta di Katia Valiani, 36 anni, di Galatina e di Diego Alfieri, 32 anni, di Nardò. Entrambi rispondono di detenzione e porto abusivo di arma da fuoco. Lui anche di omicidio aggravato dai futili motivi.
Dietro al delitto la relazione clandestina che da tempo i due indagati intrattenevano e che era stata scoperta dal marito. A tirare in ballo la donna sarebbe stato lo stesso Alfieri, dopo l’arresto, in sede di interrogatorio di convalida.
Al giudice Antonia Martalò ha spiegato che tre giorni prima dell’omicidio sarebbe stata l’aman - te a consegnargli la pistola, una calibro 7,65 di marca imprecisata, nel timore che il marito potesse commettere qualche gesto azzardato: «È pericoloso - gli avrebbe detto - a casa nasconde un arsenale» La donna, per portargliela, si sarebbe appositamente recata al bar «Alexander », a Galatina, dove il 32enne lavora.
E la mattina stessa dell’omicidio sarebbe stata la vittima a contattare Alfieri per chiedergli un incontro. Nel pomeriggio, insieme con la moglie, sarebbe passato a prenderlo in auto da Galatina. Tutti e tre si sarebbero diretti nelle campagne vicine all’abitazione di Murinu. In macchina, una Lancia Phedra di proprietà della vittima, sarebbe sorta una discussione. Murinu si sarebbe piegato a prendere qualcosa sotto il sedile passeggero occupato dalla Valiani.
Alfieri, convinto che si trattasse di un’arma, avrebbe estratto la pistola e avrebbe esploso, ad una distanza non superiore ai 50, 70 centimetri, quattro colpi che hanno raggiunto Murinu alla testa, al braccio e all’emitorace destro, «cagionandone il decesso per anemizzazione acuta secondaria a lesioni dell’arto ascendente e dei polmoni da ferite multiple».
Ad oggi nessuna delle due armi è stata rinvenuta dagli investigatori. La difesa di Alfieri, rappresentata dagli avvocati Michele e Giuseppe Bonse gna, ha sempre sostenuto che il giovane abbia sparato per difendersi. Al 31enne, inizialmente finito in carcere, furono concessi i domiciliari dal gip, su parere favorevole della Procura. Attualmente è libero, per decorrenza dei termini della misura cautelare.
Alfieri e la Valiani hanno venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o presentare eventuali memorie difensive prima che la Procura decida se richiederne o meno il rinvio a giudizio.