NARDÒ - Il Consiglio di Stato respinge l'istanza cautelare avanzata dal Comune di Nardò e conferma che deve riqualificare le zone a servizi. I fatti. Il P.R.G. di Nardò, in vigore dal 2001, imponeva dei vincoli di inedificabilità su numerose aree di proprietà privata, stabilendo che dovevano essere espropriate e destinate a servizi e strutture pubbliche, quali scuole, mercati, centri ricreativi, verde attrezzato, centri culturali e attività sportive.
Il Comune, però, aveva cinque anni per espropriare le aree e realizzare le strutture pubbliche; in caso contrario, il privato avrebbe avuto diritto ad una riqualificazione urbanistica. Nel 2012, alcuni proprietari, alla luce dell'abbondante decorso dei cinque anni assegnati al Comune senza che avesse realizzato alcuna opera pubblica, lo diffidavano a riqualificare i loro terreni. Il Comune rispondeva che la riqualificazione non era dovuta, perché il Consiglio Comunale, con la delibera n. 30, aveva stabilito che i privati potevano attuare direttamente le zone a servizi, realizzando a loro spese le opere pubbliche previste dal P.R.G..
Non soddisfatti della risposta, i proprietari, rivolgendosi all'avv. Paolo Gaballo, instauravano un giudizio innanzi al TAR Lecce, chiedendo l'annullamento del provvedimento con cui il Comune aveva negato la riqualificazione richiesta.
Nel ricorso, in particolare, il legale evidenziava che la delibera n. 30/2012 era solo un escamotage per eludere l'obbligo di riqualificare le aree dei privati gravate dai vincoli decaduti già nel 2006: la riqualificazione, infatti, non poteva essere rappresentata dalla possibilità per il privato di attuare, a sue spese, la zona a servizi, soprattutto dopo che era stato lo stesso Comune a causare la decadenza dei vincoli, non avendo realizzato le strutture pubbliche previste nel P.R.G. del 2001.
Il TAR Lecce, accogliendo le tesi dell'avv. Gaballo, giudicava illegittimo il diniego di riqualificazione del Comune, stabilendo che era obbligato a conferire una nuova destinazione alle zone ed evidenziando che aveva violato ed eluso l'obbligo di riqualificazione cui era tenuto. Nella sentenza, in particolare, si leggeva che "nonostante l'intervenuta decadenza, fin dall'anno 2006, dei vincoli imposti sui terreni dei ricorrenti, il Comune, violando ed eludendo gli obblighi che per legge incombevano, ha omesso di provvedere alla riqualificazione urbanistica degli immobili"; la delibera 30 del 2012 "appare soltanto un'iniziativa volta ad eludere l'obbligo del Comune di ripianificazione dell'area, ripianificazione che passa necessariamente attraverso una modifica degli strumenti urbanistici vigenti; non possono pertanto ritenersi venuti meno gli obblighi comunali conseguenti alla decadenza del vincolo espropriativo".
La Giunta Comunale, con la delibera n. 49/2014, richiamando espressamente la nota con cui "il Dirigente dell'area funzionale 2, ing. Piero Formoso, ritiene che vi siano i presupposti per la proposizione del ricorso in appello", affidava l'incarico di chiedere al Consiglio di Stato la sospensione della sentenza con un legale esterno e non con l'avvocatura interna, vista l'importanza della questione per l'intero territorio comunale.
Nel giudizio in appello si costituivano anche i proprietari dei terreni, che ribadivano le proprie ragioni e la correttezza della decisione assunta dal TAR di Lecce. Con ordinanza pubblicata questa mattina, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l'istanza di sospensione avanzata dal Comune, rilevando "che gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento dei motivi di gravame non sono tali da giustificare la sospensione dell'esecutività delle statuizioni rese dal primo giudice con l'impugnata sentenza".