SALENTO - Sei anni, oltre duemila giorni e molte, moltissime ore di affinamento, come i vini migliori, per il nuovo disco di Luigi Mariano. Il cantautore salentino è riuscito a sintetizzare, utilizzando tutto il tempo necessario, emozioni, sensazioni ed esperienze della vita di tutti i giorni, a tratti dura, a momenti gentile. Insieme a lui, nelle undici canzoni di “Canzoni all’angolo”, ci sono ospiti di assoluto rilievo della musica e dello spettacolo italiano: Simone Cristicchi, Mino De Santis e Neri Marcorè. Dieci sono componimenti originali, l’undicesima traccia è una cover del “Boss”, Bruce Springsteen, “Il fantasma di Tom Joad”.
- Dalla prima prova “ufficiale”, il disco “Asincrono”, cosa è cambiato? Nel suo primo lavoro traspariva una sorta di inadeguatezza all’attualità e un involontario automatismo mentale, molto diffuso, che ci spinge a considerare il tempo passato migliore del presente.
Il primo disco, del 2010, era una summa (un po' ironica, un po' intimista e un po' politica) di quasi vent'anni di scrittura e di canzoni: per ragioni comprensibili era dunque un fuoco d’artificio di generi musicali anche molto diversi tra loro, uniti assieme dal filo conduttore dei “tempi sfalsati”, quelli che spesso io ed altri ci scopriamo a vivere, ritrovandoci asincroni rispetto alla realtà sociale o ai rapporti interpersonali. In “Canzoni all’angolo” i brani sono invece stati scritti in un periodo molto più ristretto (dal 2011 al 2015) e dunque si portano dietro più compattezza, maturità e coerenza, forse meno ironia e meno riferimenti politici diretti, a favore di una maggiore attenzione verso il singolo individuo: le sue crisi personali o i diversi modi di gestire le proprie difficoltà emotive, i distacchi, i cambiamenti, le trasformazioni. Mi sono accorto che tutte queste “tensioni” portavano al concetto di “angolo” come rivendicazione da parte di alcuni (me compreso) di un vero senso d’appartenenza a uno spazio fisico e simbolico, ben lontano dal chiasso superficiale del centro piazza, eppure densissimo di vita, di piccole grandi cose, di profonde peculiarità.
- Il disco mescola bene un’anima rock, un quartetto d’archi e generosi strumenti a fiato. Provi a descriverlo. Da dove nascono le sue canzoni?
Per le mie canzoni, scrivo (ormai da tempo) prima la musica, al pianoforte o alla chitarra acustica, cantando all’inizio in finto inglese, per farmele piano piano entrare sottopelle e metabolizzarle. Quando quella musica la sento ormai del tutto assorbita, allora cerco di capire cos’è che mi trasmette e la coniugo con le urgenze emotive o razionali di quel periodo, fondendo il tutto nella melodia. Scrivo stimolato dai ricordi, dalla nostalgia, dalla rabbia o dal bisogno di uno sberleffo. Davanti alla canzone nuda e cruda (piano-voce o chitarra-voce) comincio poi subito a pensare al tipo di arrangiamento che meglio la valorizzerebbe. In entrambi i miei dischi, gli arrangiamenti sono stati curati da Alberto Lombardi, che ha reso viva e vitale ogni traccia. In questo nuovo disco, per i brani ritmici mi sono avvicinato ad atmosfere più rock, che sento vicine fin dall’adolescenza grazie al mio amore per Springsteen: volevo reagire con forza a dure vicende familiari degli ultimi anni. In tutto il resto della scaletta invece campeggiano le ballate più dolci, tre delle quali hanno beneficiato di un magistrale quartetto d’archi del maestro Antonio Fresa e, altre tre, dei fiati del maestro Pericle Odierna.
- Molti ospiti importanti, dicevamo. Colleghi, ma anche amici. Ci racconti cosa ha significato per lei collaborare con loro, sia a livello umano che artistico e cosa le hanno regalato in questa avventura. Un aneddoto fuori e dentro la sala registrazione per ognuno di loro.
L’amicizia più lontana nel tempo è quella con Simone Cristicchi, che risale al 2003. Ci siamo conosciuti (e legati da subito) nei locali romani: suonavamo sugli stessi palchi quando lui non era ancora famoso. Non ci siamo mai persi di vista, scambiandoci regali e stimoli artistici. Ora, col suo teatro civile, Simone ha tournèe che raggiungono le cifre record di 150mila spettatori totali. In studio è stato simpaticissimo, perché dopo la sua registrazione più seria e “ufficiale” in “Fa bene fa male” ha voluto arricchire il brano (a sorpresa) di un secondo momento assai creativo ed esilarante, recitato come uno sfogo in crescendo, che ci ha fatto piegare in due dalle risate.
Il mio legame con Mino De Santis è invece nato nell’estate del 2012. In pochissimo tempo Mino è diventato l’amico più fraterno e puro che ho nel mondo della musica. E’ forse il più grande cantautore che il Salento abbia mai avuto, un bozzettista nato, un vero “pittore in versi” della nostra terra, un poeta diretto, profondissimo e ironico. Abbiamo scritto un brano divertente, nato da una mia musica e da una mia idea iniziale di testo, che ho ceduto a lui affinché la filtrasse col suo linguaggio e la sua visione, creando la storia de “L’ottimista triste”. Anche Mino, come Cristicchi, in studio ha aggiunto al brano una seconda traccia di voce, più goliardica, in cui risponde al mio canto con battute recitate, in dialetto e a mezza bocca: da morir dal ridere. Sebbene poi io abbia incontrato per la prima volta Neri Marcorè nel 2007 (era nel pubblico di un locale in cui mi esibivo con la mia band e mi osservava), è stato però solo tre anni fa che, durante una cena assieme (voluta dal mio attuale produttore discografico), lui mi ha mostrato d’avere nel suo I-Phone un sacco di mie canzoni del primo disco, tra cui “Il negazionista”. Mi stimava e io non ne sapevo nulla! Quando gli ho proposto “Canzoni all’angolo”, il brano nostalgico che poi ha dato il titolo al disco, ha subito accettato di duettare, con umiltà ed entusiasmo. In studio ha voluto ascoltare quasi tutte le canzoni del nuovo disco e, alla fine di ogni brano, mi veniva incontro e mi abbracciava entusiasta, dicendo meraviglie. E’ dolce, colto, umile, accogliente, geniale, socievole. Una persona eccezionale e rara.
- I pallet in copertina non sono una coincidenza. Lei volge lo sguardo verso la chitarra e anche ben al di là dello spazio della copertina. A chi dedica questo disco?
Questo disco è dedicato a mio padre Salvatore, che ho perso due anni fa. Per lui, nel 2003, ho scritto la mia canzone più amata dal pubblico, “Edoardo”, vincitrice di vari premi e presente nel precedente CD. Per lui ho scelto, in questo nuovo lavoro, una copertina in cui alle mie spalle ci fossero i pallet: sono gli oggetti che io più associo simbolicamente al suo lavoro, come farebbe il figlio del contadino con una zappa. Papà era commerciante di generi alimentari e su quelle pedane ci ha trascorso un’intera vita di sacrifici immensi, senza mai risparmiarsi. Non ha condiviso la mia scelta di abbandonare gli studi e di fare il cantautore, da lui giudicata troppo difficile e radicale, ma so che oggi sarebbe fiero di me, del mio percorso e di come io stia mantenendo viva la sua memoria. I pallet in copertina ho voluto colorarli con la musica, per riscattare la sua vita attraverso la luce e la solarità: quella che le emozioni intense di un’espressione artistica come la musica, evocata dalla chitarra che osservo, sono capaci di trasmettere ai più sensibili.
- Dopo l'inaugurazione ufficiale al “Monk” di Roma sono previste date anche nel Salento? E quanto è importante la sua terra d’origine, nonostante la fruttuosa adozione e influenza romana, nel suo lavoro?
Dopo il grande concerto di presentazione al “Monk” club di Roma, uno dei più grossi spettacoli da me mai realizzati (per prestigio del locale, band ed ospiti), sarò in Salento da metà giugno in poi, in un tour estivo molto fitto di date, nelle piazzette e nei chiostri, che arriverà fino a settembre. Il legame con la mia terra è fortissimo, un vero richiamo ancestrale: e non c’è Roma che tenga, nonostante i 20 anni trascorsi nella Capitale. Per il mio lavoro è fondamentale avere sempre presente il senso profondo delle radici: sono le basi su cui si può costruire un’identità, sia personale che artistica. E poi la sola vista del mare o delle nostre campagne mi rasserena l’animo, mi spinge a essere creativo e progettuale. Porterò dunque in giro con la mia band, in Salento, queste nuove canzoni, accompagnate da quelle del disco precedente “Asincrono” e non senza qualche grossa sorpresa, qua e là: in più di una data avrò infatti sul palco qualcuno degli amici artisti con cui ho duettato nell’album. E ci sarà da divertirsi.