NARDO' - Un film che restituisce la parola a un mugnaio del '500.
CINEFORUM “RIVOLUZIONI E POPOLO”
“MENOCCHIO”
Restituire la parola a un mugnaio del '500
VENERDI’ 24 MAGGIO, ORE 19:30 – CENTRO STUDI “G. CASALINO”- SPI CGIL – NARDO’
Terza tappa del cineforum organizzato dal Gruppo di lettura su “Rivoluzioni e popolo nell’immaginario letterario ed europeo ”di Stefano Brugnolo (Quodlibet 2023). E’ ora la volta di “Menocchio”, di Alberto Fasulo, film presentato al Festival di Locarno nel 2018 e arrivato nelle sale l’8 novembre dello stesso anno.
Domenico Scandella, detto Menocchio, un nome destinato a rientrare in “quella moltitudine di uomini passati sulla terra senza lasciare traccia”, sottratto all’oblio dallo storico Carlo Ginzburg con il suo saggio “Il formaggio e i vermi”, edito per la prima volta da Einaudi nel 1976 e ripubblicato per Adelphi nel 2019.
Al celebre saggio di Ginzburg, tradotto in almeno 23 lingue, è dedicato l’ultimo capitolo di “Rivoluzioni e popolo”. Alla domanda “possono i subalterni parlare?”della filosofa Gayatri Cakravorty Spivak, Stefano Brugnolo può rispondere affermativamente. Merito dello storico che restituisce la parola a un mugnaio del '500, un subalterno accusato e processato per le sue idee religiose, che anche di fronte agli inquisitori, abbandonando ogni regola di prudenza, non esita a ribadire le sue idee, “cavate dal suo cervello”, come ama ripetere.
A dare il titolo al libro la cosmogonia di Menocchio: “tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume, andando così, fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel diventorno vermi, et quelli furono li angeli et tra quel numero di angeli ve era anco Dio, creato anchora lui da quella massa in quel medesmo tempo”.
Menocchio muore sul rogo poco prima di Giordano Bruno.
Il film di Alberto Fasulo del 2018 riprende la figura del mugnaio friulano, ma conserva una sua autonomia rispetto al saggio di Ginzburg. Importante per la ricostruzione storica lo studio degli atti dei due processi contro Domenico Scandella pubblicati da un altro storico, Andrea Del Col. Il regista, più che trasformare i documenti inquisitoriali in immagini, ha voluto fare i conti con la storia, attualizzare il personaggio che pone problemi sempre presenti, come quello di riuscire ad essere se stessi senza cedere alla tentazione di compiacere gli altri. Menocchio e i suoi compaesani sono rappresentati in costume negli stessi luoghi in cui il mugnaio ha vissuto. Un riportare indietro la macchina del tempo per fotografare un mondo che nella natura dei luoghi e nei volti dei personaggi, interpretati da attori friulani non professionisti, sembra rivivere di fronte ai nostri occhi.
Prossimi appuntamenti:
- “C’era una volta il '68”, docufilm di Giuliano Capani - Centro Studi “G. Casalino”- SPI CGIL Nardò, venerdì 31 maggio, ore 19:30
- Incontro con Stefano Brugnolo, professore di Teoria della letteratura presso l’Università di Pisa e autore di “Rivoluzioni e popolo nell’immaginario letterario italiano ed europeo”, presso la sede di Via Ferri del Liceo “Galileo Galilei”, Nardò, venerdì 7 giugno, ore 18:30