NARDO' - Sabato pomeriggio il filosofo Umberto Galimberti ha presentato il suo ultimo libro "Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto" al Teatro Comunale di Nardò. Due ore di discussione, confronto e speculazione filosofica tra divinità, dimensione del sacro e modernità.
A più di dieci anni di distanza da "Orme del sacro", Galimberti affronta ancora una volta il tema della religiosità in Occidente conducendo un'analisi attenta e precisa delle cause più profonde e delle conseguenze che hanno trasformato il Cristianesimo in 2000 anni di storia fino alla forma odierna.
Nel tardo pomeriggio del Teatro Comunale, dopo la breve introduzione del vicesindaco Carlo Falangone e del direttore artistico de 'La busacca - Teatro stabile del Salento' Francesco Piccolo, a dialogare con il filosofo c'era Luca Nolasco, Dottore di Ricerca all'Università del Salento. La piega del discorso tracciata dalle domande poste ha ripercorso quasi cronologicamente la storia della religione in Occidente dal politeismo greco prima di Cristo, fino al monoteismo "economico-materiale" del Cristianesimo del XXI secolo.
Premesse fondamentali alla discussione sono state le definizioni di follia e sacro: la prima si identifica con il mondo oltre ragione, la dimensione del divino; il sacro invece, che letteralmente ed etimologicamente assume il significato di "separato", conclude in modo complementare con l'irragionevolezza il quadro della posizione che da sempre gli uomini hanno assunto nei confronti del divino. Il divino è irrazionalità, mancanza di ordine, ed è qualcosa che gli uomini hanno da sempre provato ad allontanare e separare dal mondo del razionale, dal mondo che loro stavano contribuendo a creare, pur rimanendone in un certo qual modo affascinati. In termini di finalità e utilità, all'usanza greca classica dei sacrifici per placare e tener lontani gli dei si potrebbe paragonare la preghiera per il cristiano timor di Dio.
E pare essere questa l'origine del nodo della questione. La religione cristiana ha svuotato il proprio cielo prima del sacro, poi di Dio e della speranza, secondo Galimberti, perché è andata fondandosi su una logica di "do ut des", di dare per avere, molto più "economica" e terrena che sacra. E lo sviluppo incessante nella cosiddetta età della tecnica, l'era in cui noi tutti viviamo, ha contribuito alla perdita della dimensione del sacro non solo da parte dei fedeli, ma della Chiesa stessa.
La tecnica, che domina il nostro tempo, non ti chiede di essere etico nelle decisioni; ti chiede di essere efficiente nello svolgerle. Nell'età della tecnica si risponde a chi è superiore e chi impartisce gli ordini; l'etica spetta all'apparato, non al singolo. La deresponsabilizzazione intrinseca dell'uomo che l'età della tecnica porta con sé, si conclude perfettamente nel ruolo che la Chiesa ha assunto già da alcuni anni per riuscire a contare ancora qualcosa, cioé quello di agenzia etica pronta ad intervenire su questioni quotidiane come aborto, eutanasia e scuola. Così facendo, però, ha lasciato inevitabilmente solo l'uomo contro se stesso e contro l'irrazionale che invece, come chiarisce il prof. Galimberti, "il sacro sapeva rappresentare e la ritualità religiosa placare".
Una fede smarrita nell'abisso della tecnica, di questi tempi, non è cosa facile da recuperare. In una fase storica in cui le uniche cose che si ritengono importanti sono il concreto e il materiale, sembra purtroppo non esserci posto per la metafisica e la filosofia. "Sembra".