SALENTO - MONDO AGRICOLO POVERO E DISPERATO
Errori e insensatezza dietro le due manifestazioni organizzate a Lecce per il contrasto alla xilella
Sabato 9 marzo 2019 dovrà essere listato a lutto e ricordato a futura memoria per l’insensatezza ma anche per la disperazione che ha catturato decine di sigle sindacali del mondo agricolo salentino. Invece di concentrarsi e lottare unite sull’obiettivo comune di duro contrasto alla xilella che ha devastato il territorio e anche quello di respingere i provvedimenti previsti dal decreto del ministro dell’Agricoltura Centinaio (“un’elemosina per gli olivicoltori” – è stato gridato), hanno inscenato ben due cortei nella stessa città, Lecce, organizzati nella stessa data, alla stessa ora, distanti poche centinaia di metri, per gridare gli stessi slogan, per rivendicare le stesse misure.
“Non s’è mai vista una cosa del genere!”, detto evidentemente da chi non faceva parte dei due schieramenti e che invece ha assistito non si sa come chiamarli, se pantomima o teatralizzazione continua, coacervo di umori neri, o resa dei conti. Insomma, in tutti questi casi sempre si è trattato di un qualcosa distante dalla logica comprensione. In lizza ben due eserciti (stavolta non c’è esagerazione), dovendo contare a Lecce la bellezza (o bruttezza, visto il risultato) di oltre 7mila partecipanti, parallelamente schierati, nemmeno in marcia insieme e nemmeno per colpire uniti. Un’autentica follia che presto si ripercuoterà pesantemente sull’intero mondo agricolo, evidentemente poco compatto e con scarso potere contrattuale.
Un pensiero buio porta questa vicenda a un sottile collegamento con quella sarda, a proposito del latte. Dove, a fronte di un accordo tra pastori e produttori ritenuto ancora poco soddisfacente, è emersa un’ala estrema (chiamiamola così) che non risponde alla ragionevolezza e mette in atto azioni di criminale sabotaggio (blocco dei camion, sversamento del latte e incendio dei mezzi). Accostamento forzato? Sì e no. Vedremo.
Per fortuna non siamo in questa condizione, ma che pensare di migliaia di manifestanti a raduno per chiedere sostanzialmente le stesse cose e a volersi a tutti i costi distinguersi come categoria? Non essere arrivati a un’intesa e fronte comune ( è facile pensare che qualcuno nelle settimane precedenti si sia adoperato per farli mettere d’accordo), sancisce un’aspra divisione al loro interno, quasi a pensare a una faida dalla quale è sempre difficile recedere.
Ed ecco da una parte avanzare Coldiretti e Unaprol (oltre 6mila tra viticoltori, vivaisti e frantoiani) scegliere Piazza S.Oronzo e a poche centinaia di metri di distanza (Piazza Mazzini) stazionare Confagricoltura, Cia, Copagri e Lega delle Cooperative (oltre un migliaio), a gridare slogan e a non far capire bene i termini della lotta, poiché chi vi ha assistito non fa che parlare ancor oggi della loro divisione e non delle loro richieste. E comunque qualche diversa accentuazione si è pure capita, ma è parso davvero irragionevole che di fronte all’epidemia, alla devastazione di migliaia di ha di oliveto (oltre 22 milioni di piante infette) e al crollo di un’intera economia, non siano state portate istanze unitarie, per arrivare invece divisi con le loro rispettive sigle al decisivo appuntamento.
Una delle interpretazioni ( cosa, comunque che non giustifica nulla), è parsa essere strettamente politica (in vista delle elezioni regionali?) con la Coldiretti che ha attaccato duramente la Regione col suo presidente Emiliano, accusati di gravi responsabilità per l’incertezza mostrata sin dall’apparire del batterio, chiedendone a gran voce le dimissioni dell’assessore Di Gioia. Da parte dell’altro schieramento, invece, la richiesta immediata ed iniziale di 500 milioni per dare ristoro agli agricoltori colpiti che dovranno servire per velocizzare le pratiche di espianto e reimpianto, ma anche- come da richiesta - per concedere la decontribuzione quinquennale.
Come si vede, un ginepraio dal quale sarà difficile uscirne, soprattutto dopo questo genere di manifestazioni da cui probabilmente emergeranno posizioni astiose e pregiudizievoli all’interno delle stesse componenti. Parafrasando, si può dire che le due formazioni sindacali del mondo agricolo salentino e pugliese, che pure indossavano tanti gilet gialli di vivaci colori, stavolta hanno scelto quelli sbiaditi, di nessun colore, e di questo la controparte terrà il debito conto.
Qui si trattato di un errore madornale e non valgono al momento vuoti auspici. Siamo in presenza di un irresponsabile protagonismo che ha portato decine di sigle di categoria quasi a sfidarsi a chi fosse il più puro e determinato. Ne esce un racconto poco credibile in una situazione che definirla disperata non è certo esagerazione. E quando si arriva a quel punto si parla sempre di un miracolo che deve accadere. Beninteso, per quelli che ai miracoli ci credono.
LUIGI NANNI