NARDO' - Nuovo gioco di società, fatto all’incontrario. Precipitosa marcia indietro sul distanziamento fisico.
L’INAIL “silenziata” sulle linee-guida che pure aveva contribuito a fissare nella lotta al virus.
“Rischio calcolato”, termine crudo e contraddizione in termini.
L’unica cosa concreta con cui avremo a che fare è che Dio ce la mandi buona. Per noi e per il Governo. In quanto al resto, si potrebbe anche lasciar perdere, dovendo parlare delle tante incongruenze alla base delle decisioni prese in fatto di distanziamento fisico. Ma soffermiamoci sulla battaglia ingaggiata tra Governo, comitato scientifico e pletora di attività, col ruolo non certo defilato delle stesse Regioni, assurte a vario protagonismo. A tal proposito, forse si porrà all’ordine del giorno un ritocco allo stesso impianto costituzionale, proprio alla luce delle tante “disobbedienze” regionali, con questi governatori assurti a nuovi prìncipi e protagonisti a tutto campo. Disobbedienti talvolta incivili e Insidiati, sempre in fatto di protagonismo, soltanto da alcuni sindaci, star catodici e dalla carriera politica prenotata. Insomma, detto dei governatori, s’è visto presto che hanno acquisito un potere straordinario che nemmeno il governo centrale è più riuscito a contenere.
Altrimenti non si sarebbe assistito alla pantomima del campano De Luca, in aperta sfida, tanto da non firmare l’accordo sulle linee-guida. De Luca, una sorta di eversore di lotta e di governo, una macchietta da esportazione che ha travalicato i confini nazionali. Per non dire della “governatrice” calabrese, una rivoltosa in sedicesimo, che ha fatto ricordare l’avventura del missino Ciccio Franco che al grido di “Boia chi molla” incendiò la popolazione reggina a rivoltarsi contro quello che riteneva un sopruso: la scelta di Catanzaro al posto di Reggio a capitale della Regione. Pensate, inizi degli anni ’70. Nel caso della signora calabrese, quella sua ostinazione casereccia ha costretto il governo a ricorrere al Tar (tempo e soldi in fumo).
Non bisogna però piangere sul latte versato (o sì?), per concentrarci, invece, sulle disposizioni che in pratica hanno “aperto” il Paese, con l’unico limite, non proprio insignificante, che il virus gira ancora e qualcuno dice che lo sarà anche per lungo tempo. Poi s’è detto che se non si moriva di virus si sarebbe morti di fame (notate, c’è una sorta di divertissement linguistico ogni volta che si affronta questo tema). A questo punto s’è presa la decisione-madre, valida per tutte le attività (con qualche singolo distinguo)e che riguardava soprattutto il distanziamento fisico. Rispetto alla qual cosa, comunque, si è già ingenerato un indebolimento della sorveglianza. Non si è più parlato di distanze, ma di distanza, al singolare. Unica. Salvifica. Un (1) metro! Ristoratori, balneari, negozianti, tutti a far valere le loro ragioni. Altre attività (turismo in generale, albergatori, teatro, musica, arti) non ci sono nemmeno riuscite, tanta è la difficoltà insita nell’articolazione delle loro attività.
E qui, arriviamo al vero punto della questione. Con un Governo frastornato da tante incombenze, come un pugile messo all’angolo, le Regioni hanno cominciato a menare la danza, imponendo di fatto questo unico metro nell’effettuazione di tante attività. Il Governo ha ceduto e lo ha fatto anche smistando le stesse responsabilità, ora in capo alle Regioni , stavolta sì ammonite: “ove dovesse succedere qualcosa“. Per dirle responsabili di tutto (ma ci credete?) E, dunque, assalto alla diligenza. Si è comprato il metro alla ferramenta e solo con questi cento centimetri, non di più, si è inteso procedere. In tutti quei contesti (sempre, lidi, ristoranti) dove pure erano state previste misure (distanza) ben aumentate, anche di tre, quattro e cinque metri. Le Regioni hanno detto al Governo: prendere o lasciare. O facciamo casino. Il Governo, spaventato, si è arreso (i soliti maligni dicono che con questo si è guadagnato un enorme consenso)
Forse un po’ tutti siamo contenti di questo. Un istante dopo, però, ci è venuta anche paura. Perché, come sempre, ci viene detto sino allo sfinimento che bisogna mettere le mascherine e rispettare la distanza di un (1) metro! Però, ammettiamolo, non è stato dato un grande esempio. Se da cinque, si scende a quattro e poi a tre e poi a due, infine a uno, chi ti dice che non possano bastare 30 o 40 centimetri ? Oppure, niente e tutto come prima? Brutta, poi, l’espressione del “rischio calcolato” che sa tanto di scartoffie e ragioneria, persino una definizione cinica, dovendo parlare di vita e di morte.
In tutto questo panorama fatto di speranza e paura da segnale un paio di cose importanti.
La prima è quella di dover registrare, in questa occasione, il sostanziale “vade retro” al comitato scientifico. Ci sono rimasti male. “Ingrati” vorrebbero poter gridare. La seconda (che ritengo senz’altro più grave) è il ruolo avuto dall’INAIL (Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro). Ebbene, ha colpito la sua remissività nell’occasione, quando sin dall’inizio i suoi studi avevano prodotto risultati ben diversi e relative disposizioni in fatto di sicurezza sul lavoro. Con la paradossale conseguenza (nessuno può negarlo) di un depotenziamento di fatto della sua azione. Basterebbe riconoscerlo e dire che è stato “per questa circostanza”, che non si poteva fare altrimenti. Per l’appunto, il “rischio calcolato”. E’ certo, però, che stavolta l’INAIL ne esce un po’ ammaccata.
Insomma, non facciamoci mancare fiducia e ottimismo (vallo a dire a tanti che li hanno persi!), e continuiamo col nostro rispetto e buone maniere. Sempre che non ci vengano propinate stranezze (Il presidente dell’ISS Brusaferro che, in fatto di mascherine, ci dice di fabbricarcele da soli o quella di non ricevere una precisa indicazione sul decorso della pandemia). Per il resto, tutto o quasi come prima. Lunedì ho fatto una passeggiata a Gallipoli. Di mascherine ne ho viste davvero poche, si vedeva allegria in giro. Poi ho cercato di sapere se un mio conoscente, ristoratore, avesse aperto la saracinesca. L’ho incontrato di buonumore nella sua struttura, intento agli ultimi preparativi. Ha voluto mostrami la sala con tavoli geometricamente sistemati. Si è dichiarato pronto per il via. Tutt’intorno un buon odore di pulito (pardon, di sanificazione). Ma, in quanto ai tavoli - vi assicuro - la distanza era persino inferiore a quella dello scorso anno quando – ricordo – mi fu servito un ottimo pranzo.
LUIGI NANNI