NARDO' - C’è una “spiegazione” dietro l’aggressione al coniuge di una candidata al consiglio regionale. E, ancora una volta, Nardò dietro la lavagna, con una interrogazione al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.
Sinceramente pensavamo che certi atti fossero ormai archiviati, démodé, per la semplice constatazione e la volontà stessa di riconoscere al “progresso” un andamento lineare. E, invece, niente. Ci riferiamo alla vicenda che ha riguardato la pesante aggressione subita dal coniuge di una candidata al consiglio regionale.
Lui è Giordano Conte e lei la candidata Paola Mita. Non c’è nemmeno bisogno che si dica in quale lista gareggia e quale presidente sostiene. I fatti riguardano l’affissione di manifesti elettorali e relativa assegnazione.
Materia che nel tempo ha sempre registrato un qualche screzio e contrapposizione, anche furbizie e folclore con tentativi di danneggiare l’avversario politico, come nel caso di copertura o strappo degli stessi . Mai, però, quantomeno a Nardò, si è verificata l’aggressione fisica da parte di un attacchino, “investito” (si presume) di un compito istituzionale che garantisca la terzietà, cioè l’equidistanza di interessi diversi. Non è successo.
E prima di passare ad altro e me ne dimentichi, stupisce che nei minuti successivi al grave fatto, l’amministrazione comunale di Nardò non sia intervenuta sul caso, prendendo le distanze dal fatto (un “suo” attacchino che aggredisce e picchia brutalmente il coniuge di una candidata) e comunicare un segno di solidarietà alla persona coinvolta e ferita. Si tratta dell’ABC di ogni gesto politico. Resta la grave omissione che certo non è dovuta a dimenticanza. In ogni caso, un errore inspiegabile, dalle conseguenze imprevedibili.
La curiosità vuole che si dica come sono andate le cose in fatto di botte e cure mediche prescritte. Esaudita, senza tuttavia usare molte parole. Non vogliamo alimentare pettegolezzi, né correre il rischio di ingolfare il quadro della situazione e lasciare varchi a eccessive interpretazioni. Sarà l’autorità giudiziaria a decidere con un fascicolo che certo non si prospetta scarno e a cui (clamoroso) si aggiunge una interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno, con la possibilità di ascoltare tutto in Tv, sdraiati sul divano di casa.
Ridotto all’osso, non s’è trattato di un “corpo a corpo” tra l’attacchino e Giordano, l’anticipo di una competizione elettorale che cresce d’intensità, ma più banalmente di un risoluto passare ai fatti, molto più sbrigativo, con la realtà di una persona che ha subito conseguenze non soltanto fisiche, tali da richiedere il trasporto con ambulanza del 118 all’ospedale di Copertino e oggi tuttora in cura presso la propria abitazione.
Qualcosa comunque deve essere scattato nella testa dell’attacchino se di fronte alla richiesta di informazioni riguardo al corretto posizionamento sulle plance già assegnate, sia da parte di Paola Mita, sia del coniuge Giordano Conte, ha poi reagito in quel modo. Mandando quest’ultimo all’ospedale. A volte ci si limita a minacce verbali, altre volte non si vuole mancare di coerenza.
L’episodio pare ricordare abbastanza quanto accaduto a Calimera qualche tempo fa in periodo di max-pandemia tra un medico e un suo assistito anziano. Ebbene, il poveretto chiedeva lumi su come curarsi, quale medicina prendere, stava molto male, ma il medico spazientito ebbe una reazione clamorosa. Schiaffeggiò l’anziano e lo gettò per terra. Non pago di un atto così brutale, una volta a terra lo colpì con calci (video in rete). Per la cronaca il medico, che ha poi chiesto scusa, ma non è riuscito a scansare la condanna per il grave gesto.
Senza voler fare il processo alle intenzioni, l’episodio va comunque ben al di là della responsabilità personale dell’attacchino (bisogna aggiungere “presunta”, poiché lo stesso vorrà giustamente difendersi, semmai dicendo che Giordano Conte lo ha colpito per primo “con una scimitarra”, che lo “guardava torvo” ecc. ecc.), per rimandare al clima guasto che da tempo circola nella comunità neritina.
Buona parte di responsabilità è sicuramente imputabile a questo governo cittadino, che non perde occasione di mostrare fastidio e disprezzo verso l’opposizione, di denigrarla oltre ogni limite, di invocare il tempo durante il quale la stessa non era nemmeno contemplata.
Ed oggi, di voler marciare spedito, senza intoppi, con proclami francamente ridicoli, come nell’ultima plastica rappresentazione: il mancato invito dell’opposizione (attenzione: si tratta di normali cittadini in carne e ossa e nemmeno untori-Covid) all’intitolazione degli uffici comunali ai giudici Falcone e Borsellino, assassinati dalla mafia.
Cose che non si fanno (cioè, non invitare chi è presente in consiglio e rappresenta ugualmente la città), ma a Nardò succede tutte le volte. Col risultato che in quell’occasione si trattò di un mesto tirar dritto e dell’ennesima occasione mancata.
LUIGI NANNI