DISCOTECARI DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!
Parafrasi di una storia inedita. E Maurizio Pasca (Silb) stavolta si arrabbia davvero.
No, stavolta davvero no! Che esagerazione! Noi sempre benevolenti e senza nessun pregiudizio di sorta. Ma, anche spettatori di tanta ineffabilità e desiderosi di fare un sano ragionamento. Da seguire. Cos’è successo? Che c’è un’indubbia capacità e abilità senza pari nel portare il discorso ( o pallino) dove si vuole. E succede davvero l’imponderabile, quello che non t’aspetti, in un periodo in cui l’emergenza sanitaria non è ancora cessata, anzi procede con uno stillicidio di contagi, un tot al giorno, per farci capire come siamo ancora lontano dall’averla superata. Ebbene, indiscutibili protagonisti di questa performance sono stavolta i discotecari (cioè, i titolari di discoteche; credo si possa chiamarli così e mai offendersi).
Senza tanti giri di parole, è successo che il Governo abbia chiuso in questi giorni le discoteche. Sono risaliti i contagi e nelle ultime ore anche in modo significativo (vedi Sardegna) e di fronte all’impossibilità di assicurare il distanziamento fisico il Governo, certo d’intesa col CTS (Comitato tecnico scientifico, quello della Sanità), ha deciso la chiusura dei locali da ballo. A quel punto è scoppiato il finimondo e non si parla praticamente d’altro.
Il Governo ne aveva già deciso la chiusura qualche giorno prima a seguito di defaillance (clamoroso il caso della discoteca Praja di Gallipoli; ve l’immaginate il rispetto del distanziamento con una folla di oltre duemila persone?), per poi consentirne la riapertura con, diciamo anche questo, misure poco comprensibili se non apertamente contraddittorie. Dove sta oggi la novità? Aggiungiamo, di non poco conto e, anzi, clamorosa. I discotecari che si sentono forti, sin da subito in aperto contrasto col Governo, si rivolgono al TAR del Lazio, (ultim’ora: ricorso respinto!), minacciano una “class- action”. Si è visto in questi giorni il nostro concittadino Maurizio Pasca, presidente del Silb (Sindacato Italiano Locali da Ballo) apparire in Tv e dire chiaro e tondo come intendono muoversi. Mai visto così arrabbiato.
Per quello che importa, in precedenti articoli abbiamo apprezzato l’indubbia capacità e moderazione di Pasca e speso parole a favore dell’industria del divertimento. Scrivemmo: “sempre dalla parte dei giovani!” Qui, invece, si è inscenato un paradigma pericoloso che rimanda direttamente alla legge della giungla. Diciamola in questi termini: qui non si vuole obbedire a nessuno (intendo Governo o CTS), qui si vogliono difendere i propri interessi (legittimo), qui si fa la voce grossissima (questo vuol dire rivolgersi al TAR del Lazio), qui si convoca tutto il mondo delle discoteche per una class action. Un’autentica provocazione, coerentemente ballerina, quando non una sola class action è stata mai avviata in Italia, per la semplice considerazione che è impossibile venirne a capo.
L’avrebbero fatta da tempo, i pensionati al minimo, i consumatori turlupinati, i tanti lavoratori bistrattati.
“Cari discotecari, tante categorie sono nelle stesse vostre condizioni, se non peggio!”. Cosa avrebbero dovuto fare i lavoratori del teatro o della musica? O quelli del turismo, delle agenzie di viaggio, delle guide, che da marzo incrociano le braccia, non per sciopero , ma perché non si riesce a formare un gruppo di turisti andare in giro per città d’arte o aree naturalistiche? Ma l’elenco è ben nutrito e tanti che leggono questo pezzo penseranno alla loro condizione, in qualche caso mutata nel periodo di pandemia. Nonostante, bisogna aggiungere, il bonus per certe categorie. Ben poca cosa, comunque, rispetto alle reali necessità.
Che sono quelle del lavoro reso sempre più precario se non sparito e dove l’alea del fattore sanitario sempre presente riveste un peso eccessivo. E sono tante le categorie di lavoratori che stanno in queste condizioni. Categorie che hanno protestato e non una sola volta, che hanno presentato istanze al Governo e non sono state ascoltate. Insomma, tutto ciò per dire che si parla di danni serissimi, certo anche quelli delle discoteche, con i tanti lavori a rischio di cancellazione. E vicini al dramma sociale. Ma, come si dice, c’è modo e modo e la modalità adottata da quest’ultimo settore è parsa davvero ingiustificata.
Emerge, comunque, una riflessione. Certo, inattuale. S’è capito proprio col piglio perentorio dei discotecari nel braccio di ferro col Governo. Anch’io,meglio, alcuni milioni di lavoratori, avrebbero voluto fare la stessa cosa, per poi scoprire l’irrilevante “potere contrattuale”. Locuzione storica e magica che significa una cosa vecchia come il cucco: chi ha forza la fa contare. Ovvero, batte le carte chi ha il mazzo. Ebbene, non tutti hanno quella necessaria per rivolgersi al TAR del Lazio (tribunale che, come s’è visto, ha tempi di decisione rapidissimi) e invocare persino una class action, anche se qui siamo di fronte a vera provocazione e scoperto bluff. E lo hanno fatto capire quando hanno detto che vi rinuncerebbero se il Governo scende a patti e caccia i soldi. Ne vorrebbero tanti. Come finirà? Il Governo caccerà i soldi (non quanti ne pretendono), Il tutto in via breve. Lo ha fatto anche sapere a stretto giro. Dopodiché, è certo, partiranno altri ricorsi. Tante altre categorie non vorranno per questo essere prese in giro non staranno a guardare. Presenteranno il loro conto. La cosa giusta.
E’ una guerra annunciata che non si può spegnere a colpi di bonus e richiede impegno e responsabilità. La mesta considerazione rimanda, ahimè, a come cambiano i tempi, anzi si stravolgono. Ma è pura nostalgia e vacuo rimpianto. Cosa da vecchi. Un tempo al grido: “Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!” riguardava campi e fabbriche, oggi sembra tutto derubricato e parafrasato, con la disputa che si sposta nelle balere della “meglio gioventù” tra spritz e musica a tutto volume. E’ quanto la cronaca di questi giorni ci ha fatto capire.
LUIGI NANNI