“Lu Signore no ndi supporta cchìui!”
Non un anatema, ma semplice preghiera. Forse ancora utile contro il Covid
Così diceva la mia povera mamma. Altra espressione era: “Lu Signore se straccatu ti nui”. Il senso non cambia. Pia e devota il giusto, così argomentava, quando le succedeva di esprimersi su qualche accadimento negativo. Che poteva essere un bruttissimo fatto di cronaca, oppure un disastro ambientale come un’alluvione, con morti e devastazione e lo stesso quando si verificava un terremoto. Tutto ciò avvalorava questo suo sentimento. Per lei era implicita la supposizione che in qualcosa il “genere umano” aveva sbagliato, commesso un errore che, certo, doveva farsi perdonare. Un semplice ragionamento, frutto della fede popolare. Altri tempi. La stessa cosa oggi forse avrebbe detto, non riuscendo a capire, se non affidandosi a Qualcuno lassù, come questa malattia chiamata Covid sia tra noi e non intende andare via. E preoccuparsi, temere per noi, poiché ci sta cambiando la vita, la stravolge, ovviamente in peggio.
Mi conforta il fatto che lei abbia scansato,mai saputo nulla di questo virus, forse non ci avrebbe nemmeno creduto, come mai un’entità persino invisibile potesse fare tanto danno. Per lei sarebbe stata un’inutile afflizione, dopo un’intera vita dedicata alla famiglia, tra sforzi e tanti sacrifici. Perché questa (forse) inutile premessa? Perché presumo, che lei, con grande saggezza, avrebbe saputo dire qualcosa anche sull’ultimo Dpcm e, pur dubbiosa, ugualmente si sarebbe augurato il successo dei tentativi fatti a contrastare il virus. Per il bene di tutti noi.
Tornando sulla … terra, , lasciano perplessi le palesi discordanze sulle stesse misure e su litigi che già sono scoppiati all’interno del governo e dello stesso comitato tecnico scientifico tra chi vuol mandare i figli a scuola e chi dice che la scuola si può fare davanti al computer. E’ la cosiddetta didattica a distanza. Governo da una parte e tante Regioni dall’altra, a discutere se è bene lasciare a casa gli studenti delle superiori per evitare il rischio dei trasporti e i temuti assembramenti. Un fatto grave che porta dritto a uno scontro violento, anche se noi parteggiamo e la pensiamo come il professor Giuseppe Caliceti (“La SCUOLA senza andare a SCUOLA” – Manni editore) dove il succo del suo ragionamento è quello di dire che “nelle lezioni a distanza c’è la morte della scuola” e (accusa diretta), che “la politica punta alla dismissione dell’istruzione pubblica”.
Qui non si tratta di essere critici a tutti i costi quanto di capire la gravità della situazione, come dimostra la crescente curva di contagi, terapie intensive e, purtroppo, deceduti (adesione piena, invece, a tutte le misure raccomandate. Dire: obbedisco!), ma che succede se il cattivo esempio parte …dall’alto con la perdurante carenza di dispositivi sanitari e vuoti di organico?
Un giorno a dire che siamo a posto e un altro, invece, a lamentare la carenza di migliaia di medici e paramedici. In ogni caso, sempre in ritardo, pur avendone avuto tutto il tempo. Eppoi, la babele non solo terminologica che riguarda il contagiato, cosa poi farne, dove portarlo, chi dovrà intervenire con i test, quando e quali fare, e per quanto tempo ancora considerarlo malato. E, degli altri, cosa fare? Dei tanti no-covid che hanno bisogno di cure? Continuiamo, comunque, a nutrire fiducia. Per poi considerare l’annoso argomento sulla necessità (meglio, obbligo) che il decreto legge debba essere convertito in legge per dare efficacia e legittimità alle misure. Insomma, il Parlamento che deve “autorizzare” il provvedimento, per non dare alibi a negazionisti e terrapiattisti che anche di recente hanno fatto sentire la loro voce.
In ogni caso, no al disfattismo, augurandoci che presto, prestissimo, le misure messe in campo sortiscano gli effetti sperati. Ma che pensare di alcune misure, come quella di limitare a 6 persone (conviventi) una cena in casa? Saranno efficaci? Presumibilmente, impraticabili. Per la semplice ragione che le famiglie numerose ( e sono tante in molte parti del Paese), non potrebbero mai più ricevere nessuno. Ve l’immaginate regioni come la Campania, Lazio, le meridionali, e diciamo pure tutte? Come si prepareranno per le prossime festività, comprese quelle di fine anno? A questo punto, ci dicono: fermi tutti! E ognuno resti a casa sua! Ce lo dice il virus.
Qui, forse, bastava una raccomandazione, come ha fatto ben capire lo stesso premier Conte (che si è affrettato però a dichiarare che “non manderà la polizia nelle case!” Esagerato al solo dirlo e precisarlo!), diversamente da quanto pensa il ministro alla Sanità. Raccomandazione che sarebbe stata accolta con buonsenso e rispetto delle norme. Buonsenso e rispetto delle regole che sempre si sono riconosciute a noi italiani . E in questo quadro un po’ confuso, può succedere anche l’imponderabile. Che un politico competente e sempre misurato, come il ministro alla Salute Roberto Speranza, forse a causa dello stress, dica un’autentica fesseria, quando si augura “tante segnalazioni” di comportamenti vietati. Cioè, di quelli che infrangono le disposizioni del Dpcm. Sicchè, non era fuori luogo richiamare, come pure qualcuno ha fatto, il celebre film “Le vite degli altri” sulla Germania Est, quando la delazione avrebbe riguardato il vicino di casa, il parente con cui non si andava d’accordo e persino gente incolpevole. Scenario da brividi.
Confusione sovrana, poi, in questo eterno dilemma che riguarda la competenza di Stato e Regioni. Il frutto avvelenato del Titolo V. Lo Stato che fa e una Regione che disfa, lo Stato decreta e un’altra Regione “interpreta” e così di questo passo, contenzioso e perdita di tempo compresi. Ormai abituati alle stravaganze di tanti governatori, (il campano De Luca e il pugliese Emiliano su tutti che, come per nemesi, sono stati sorpresi dall’aumento del contagio e a far fronte con le difficoltà dell’apparato sanitario). D’altra parte, lo stesso Dpcm non dipana la fitta nebbia su tutte quelle materie che riguardano il trasporto (in gravi condizioni) e le aperture dei locali.
Volete un esempio? Per i pub e ristoranti la chiusura viene indicata alle ore 24 se hanno i tavoli all’aperto e alle 21 per la consegna a domicilio, allo scopo di evitare assembramenti. C’è chi, come il sindaco di Lecce Salvemini (il potere delle ordinanze), si segnala per una maggiore restrizione. Il sindaco di Biella vorrebbe imitarlo e quello di Pisa pensa di fare ancora di più. Altri sindaci sparsi nel Paese vogliono che si parli di loro e pensano di mettersi in evidenza imponendo misure “à la carte”. Ditemi voi se si riuscirà mai a fare le stesse cose! Infine, puntuale come il sorgere del sole, è intervenuto anche il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Decaro che rappresenta i comuni d’Italia.
Sfidando il senso comune, non si dice d’accordo sulla chiusura anticipata dei locali. Dice anche che “sarebbe meglio sospendere la vendita di alcolici ai clienti che non sono seduti”. La sua preoccupazione è per le “piccole realtà di paese, dove la polizia è poca e verificare eventuali assembramenti fuori dai locali quasi impossibile”. Non sappiamo se quello che dice Decaro risponde a verità, ma sembra più tutto un auspicio e l’avvitarsi su se stessi. E tutto accade alla luce del sole, come nel gioco dell’oca, quando gioca e rigioca, sempre si torna al punto di partenza.
LUIGI NANNI