Non si manda per strada la storica Associazione degli Emigranti
Mellone ci ripensi
Uno sfratto che sa di beffa per quello che l’Associazione ha sempre rappresentato
Mai slogan più indovinato, che prendiamo direttamente dalla martellante pubblicità commerciale, e che riversiamo in un triste presente, sospinti dalla necessità di chiarezza (ah, chiarezza!), sulla volontà di far sloggiare l’Associazione Emigranti dalla loro storica sede di via Pretura Vecchia. Come si fa a non accontentare le centinaia di soci, lavoratori, molti dei quali vissuti lungamente all’estero, Francia, Germania, Svizzera, Belgio, non per diletto, ma costretti ad andarsene per cercare lavoro?
Sarebbe bello (e lo è stato in tante occasioni), rinverdire l’esperienza fatta, insegnamento per le nuove generazioni, patrimonio diffuso di memoria che il presidente Antonio Cavallo ha saputo sempre trasmettere nelle tante iniziative intraprese con altre delegazioni, qui a Nardò e anche all’estero, lì poi recatosi per cementare la loro fratellanza, poiché di questo e soltanto di questo si tratta. E ciò, detto nella ricorrenza della Giornata Internazionale dell’Emigrante (17 gennaio), quando anche a Nardò non si è mancato di ricordarla e anche di festeggiarla nel cuore. Altro non è stato possibile a causa dell’emergenza sanitaria.
Ora non vogliamo farla lunga, ma parlare di sfratto (il contratto è scaduto il 31.12.2020, reso esecutivo dopo una lunga vertenza giudiziaria), seppure condito da richiesta comunale che può essere legittima e che riguarda l’associazione che occupa una sede non certo lussuosa , ma preziosa per le proprie necessità, suona davvero tutto stonato.
Il buonsenso farebbe dire che domani (e, comunque, quando avrà letto questo pezzo), Mellone ci ripensi, chiami a sé il presidente Antonio Cavallo (ma prima prenderanno un caffè, stando attenti alle disposizioni anticovid) e si metteranno a ragionare. A questo punto, soprattutto Mellone, poiché Antonio Cavallo in tutta questa faccenda si è sempre mostrato rispettoso dei ruoli istituzionali, avendone anche lungamente fatto parte.
E dunque, dal giorno in cui ha ricevuto l’ingiunzione di sloggiare (sfratto rimasto poi in standby), non c’è stato verso o possibilità che agli emigranti fosse fornita una nuova sede. Che comunque – si ricorda –venne pure offerta per due piccoli locali del Comune, attualmente occupati dalla Pro Loco. “Grazie” – disse Cavallo – ma la sede era troppo piccola, inadatta per ospitare le centinaia di soci (l’avrebbero frequentata … a giorni alterni), valorizzare il loro materiale storico, una mostra con oltre duecento foto. Insomma, mancava l’agibilità necessaria. Poi, forse, si arrivò ai ferri corti, il Comune non trovò nuovi locali e l’Associazione continuò ad operare, confortata dal sostegno di tanti cittadini e istituzioni, quello che ancora oggi è successo alla notizia dello sfratto. Cosa che –nota a margine- con l’emergenza sanitaria in corso potrebbe essere quantomeno prorogato. E poi ci sarebbe tutto il tempo per capirsi meglio.
Ma qui non si vuole speculare o fare polemica a tutti i costi. Si tratta semplicemente di valorizzare un’esperienza. Anzi, molte di più e tutte maturate in quella stessa sede, a partire dagli anni ’50, insomma dopoguerra, quando ospitava la storica Comunità Braccianti (ne consiglierei a qualche studente una bella tesi). Una grande comunità, tra i corsi lavorativi, la “scuola di monda” (se da qualche parte venisse ripristinata, m’iscriverei con piacere) e si distribuiva “lu casu giallu” di provenienza americana. Successivamente, sempre la stessa sede oggi sfrattata, ospitò il Centro Anziani col suo presidente Antonio Calignano e, infine, per comuni appartenenze, si creò l’Associazione Emigranti (altra bella tesi), purtroppo in ambasce e non per suo demerito. Siamo all’oggi.
Ammesso che non la si conosca, per induzione basterebbe “convocare” qualcuno di questi emigranti e farsi raccontare qualche pezzo della loro vita. Così, giusto per arricchirsi, mostrandosi riconoscenti (badate, riguarda nostri concittadini!) di quanto hanno realizzato, anche per la loro città, tanto da avervi voluto ritornare, dopo anni di duro lavoro, pur essendosi integrati e raggiunto in non pochi casi una stabilità economica. E, l’hanno fatto per puro sentimento, amore della loro terra, dei loro familiari. Basta tutto questo perché la questione si risolva? Pensiamo di sì. E dato che qualche volta (solo qualche volta) ci piace sognare a occhi aperti, siamo convinti che una telefonata possa salvare la vita dell’Associazione. In che modo?
Girano voci che il sindaco Mellone sia in buoni rapporti con il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (a proposito di quest’ultimo e della scuola in periodo covid, cos’è questa sgangherata Ddi, didattica integrata a distanza, con la nuova ordinanza che lascia ai genitori la scelta sulle lezioni per il primo ciclo?).
E che Emiliano sia venuto a sapere di questa storia. E che doveva interessarsi di Nardò. E poi che abbia chiamato Mellone e si sia fatto spiegare la cosa. Emiliano gli ha risposto che non si può fare tutto questo casino per due lunghi stanzoni e bagno. E che è meglio lasciar perdere. E che è ancora meglio trovare un accordo. E che il regolamento si interpreta.
Eppoi questa cosa in questo periodo non sta bene. E che se serve una mano lui gliela darà. Ma – ha tagliato corto – deve chiudere la conversazione telefonica perché ha molto da fare, dopo che il Tar ha bocciato i ricorsi di Senso Civico del suo amico Ernesto Abaterusso e di altre liste anche a lui vicine perché il Tar, dopo un “laboriosissimo conteggio”, ha certificato che non hanno raggiunto la soglia del 4% dei voti, necessaria per l’assegnazione del seggio.
Queste liste non ci stanno e parlano di ingiustizia, annunciando ricorso. E, dunque, Emiliano dovrà un po’ calmare le acque anche su questo fronte, non vuole fastidi a una giunta da poco varata.
Un testimone là presente (pura supposizione) ha poi dichiarato che Mellone lo abbia poi richiamato, senza riuscire a parlare, per bene tre volte. Finalmente Emiliano ha poi risposto, c’è stato un breve conciliabolo, ma non si sentiva bene, tirava vento c’era rumore, le finestre erano rimaste aperte. Il testimone gli ha soltanto sentito dire: “elezioni”, ma non ha saputo specificare e dire se c’era qualcosa che gli stesse veramente a cuore.
LUIGI NANNI