NARDO' - La rubrica delle "pillole di resistenza" viene finalmente istituzionalizzata. Troppo interessante il riscontro da parte dei lettori per non valorizzare questi interventi che riguardano il vivere quotidiano. Nel solco anche l'argomento di oggi: i piccoli ospedali come il "nostro" San Giuseppe Sambiasi, continuamente soggetto a ridimensionamenti. Ricordatevi che la rubrica "Pillole di resistenza" può essere raggiunta direttamente dal timone, attraverso il percorso NEWS e poi RUBRICHE. Grazie a tutti e, soprattutto, all'autore.
Caro direttore, chi ideò e poi eseguì la chiusura dei piccoli ospedali, che peste lo colga!
Almeno che non chieda grazia all’apostolo San Giacomo.
Le chiacchiere all’ordine del giorno sono sulla “sanità malata e malridotta”.
Il vaniloquio odierno è: fingere di scandalizzarsi per la sanità pubblica che non funziona.
Si blatera in attesa alle poste (altro settore tormentato); si ciancia sottovoce mentre aspetti alla cassa del supermercato; si cicaleggia nei capannelli davanti ai caffè.
Tutti ne abbiamo abbastanza di ospedali, stracolmidi pazienti, dove non si trovano posti letto. Siamo logorati dalle file interminabili ai pronto soccorso e di visite specialistiche, ed esami strumentali, che non riusciamo ad eseguire, a meno che non paghiamo, profumatamente, i medici in pensione o chi pratica la prospera attività libero professionale.
L'altra sera ero in attesa al pronto soccorso di...(non faccio il nome per garbo verso chi lavora, e sono in tanti, e lo fanno con abnegazione) perché mia madre doveva essere ricoverata.
Le storie che si ascoltavano erano allucinanti e, al tempo stesso, buffe:
una signora, con voce alterata diceva “...ma come coliche alla colecisti, che se mia madre l’ha tolta vent’anni fa…”.
Un altro ragazzo cercava, angosciato, la sua fidanzata:
“...com’è possibile che nel pronto soccorso non c’è, dove l’avete portata, che se l’ho accompagnata io due ore fa?”
Un signore era lì dal mattino alle due, per far ricoverare il padre, ed erano le diciotto del pomeriggio. Tutti erano in sintonia: “vi denuncio, e spero che lo chiudano presto sto pronto soccorso”.
Ecco perché dico, se ne parla e siamo disgustati. Ma è un “pourparlers”.
Nessuno è davvero pronto ad insorgere, scatenare rivolte, o maledire sotto i palazzi del potere regionale e nazionale. La Francia è lontana, e possiamo guardare solo ammirati alle loro proteste.
Il refrain di chi è “poco pensante” è sempre identico:
“denunciamo medici e infermieri, facciamo chiudere le strutture che funzionano male”.
E qui sbagliamo! Questa strada è già stata praticata, quindici anni fa, ed ecco a cosa ci tocca assistere oggigiorno.
In questo modo facciamo il gioco di chi ha ideato e chiuso i piccoli ospedali, e tagliato posti-letto.
Se un medico o un infermiere, in un pronto soccorso, sono stanchi perché sul lavoro da dieci ore, senza riposi, e confondono le diagnosi, rispondono male ad un familiare, non possiamo dar la croce a loro. Ma imprecare con chi ha chiuso gli ospedali, dieci anni fa, ha tagliato servizi, e con pochi soldi vuole far quadrare i bilanci. Sulla nostra pelle e su quella degli stessi operatori sanitari.
Se noi denunciamo chi è sfinito per eccessivo lavoro, in un reparto ospedaliero o nei pronto soccorso, non facciamo altro che indirizzare un ennesimo segnale a lorsignori (che per noi è inquietante): “continuate a chiudere servizi, tanto la sanità pubblica ha pochi soldi ed è in completa confusione”.
Di questo passo ci restano solo le cliniche dei grandi gruppi privati, con altrettanti lavoratori mal pagati e sfruttati; gli studi associati di quei medici, già satolli, in pensione che ci chiedono esosi compensi e ricavano, ulteriori, fortune sui nostri miseri salari.
Pertanto, chi intraprese la strada di chiudere i piccoli ospedali, oggi dovrebbe iniziare, in ginocchio, un altro cammino: quello di Santiago de Compostela, per chiedere grazia all’apostolo San Giacomo.
Maurizio Maccagnano, sindacalista dissidente