(LA PROSSIMA ESTATE), FATEMI PASSEGGIARE A SANTA MARIA AL BAGNO!
Il singolare caso di una piazzetta off-limits, negata alla fruizione pubblica
Conoscete il termine gentrification? Se no, non preoccupatevi. Ero nelle stesse vostre condizioni, quando alcune settimane fa leggendo un articolo di giornale, mi è venuta l’idea di scrivere questo pezzo. Era una domenica pomeriggio (ma ha riguardato anche mattine, pomeriggi e sere d’estate), quando mi sono accorto di non riuscire a sedermi nella bella piazzetta di Santa Maria al Bagno. Come mai, direte? Semplicemente perché non c’era posto, se non dovendo scegliere uno delle centinaia di posti a sedere di attività commerciali, segnatamente bar, e ordinare una consumazione. Non ne avevo bisogno. Per il resto, tutto a beneficio dei turisti.
E’ evidente che tutto quello spazio della piazzetta, occupato in forma esclusiva, sia stato il frutto dell’assegnazione di spazio pubblico assegnato alle varie attività. Tanto da non riuscire a passare da una parte all’altra e a districarsi. Nemmeno, ovviamente, poter fare quattro passi. Se così sono andate le cose (ma non pare nemmeno possibile che tanto spazio possa essere concesso), ne deriva che di fatto viene praticata “l’espulsione” da quella piazza degli stessi abitanti di Santa Maria al Bagno e di quei cittadini dei centri limitrofi (ovvio, me compreso, ma alla fine di un qualsiasi altro cittadino) che si sono proposti di godere della bella piazzetta, di recente realizzata. Piazzetta pubblica e, dunque, meritevole della giusta fruizione.
Non vogliamo menar il cane per l’aia, anche perché è possibile che a tanti questa cosa (questo ragionamento) non gli sia passata per la testa. Abbiamo anche atteso la fine dell’estate per dire la nostra, per non creare disagio tra gli stessi esercenti in regola con i tributi. Ma, è evidente, che l’errore sia all’origine: non si può assegnare tutto lo spazio pubblico ad attività private e a tutte le possibili richieste non si può rispondere sempre di sì. Anzi, a norma di regolamento, tali richieste, se si ha a cuore lo sviluppo del luogo, bisogna semplicemente negarle. Scontentando qualcuno e rispettando il diritto dei più.
E, dunque, cosa c’entra la gentrification (concediamoci di tradurla in italiano gentrificazione) e cosa è in realtà? Ce lo dice la scuola sociologica inglese per descrivere i cambiamenti fisici e sociali di un luogo soggetto a forte pressione antropica derivante dalla movida, feste di strada, i mercati aperti itineranti, facenti parte ormai della cultura urbana. Non una calamità naturale, ma un qualcosa che scientemente viene provocato. E pertanto, quello che fa di un centro, un quartiere una mèta turistica glamour è spesso frutto di una artificiosa riqualificazione e speculazione (spesso immobiliare) che comporta l’espulsione degli abitanti originari, a favore di classi più agiate (la gentry per l’appunto). Vasti tessuti sociali vengono così lacerati per far posto a un fiorire di attività commerciali, tra marchi locali e transnazionali, in un panorama eclettico, ma senza memoria. L’esempio di Santa Maria al Bagno è sul filo, ma basta intendersi.
Non è certo il caso di allarmare, ma è quello che è già succede a Gallipoli e in misura ancora più forte a Otranto con i suoi sparuti 19! (diciannove) abitanti che vivono ancora nel centro storico, e che cercano di resistere alla pressione dell’intervento turistico soprattutto nel comparto della ristorazione. Costi quel che costi e (cosa abbondantemente accertata) con investimenti finanziari di dubbia provenienza.
A Nardò non siamo certo in questa condizione. Si può dire che il ritardo che abbiamo sempre accusato rispetto alle altre due località dovrà farci aprire gli occhi allo scopo di evitare questo sviluppo-monocoltura.
Cosa dunque ci dice il termine gentrification? Di impegnarsi per uno sviluppo ordinato e di non cercare scorciatoie. Nemmeno pretendere che tutti i centri possano diventare Disneyland e che è possibile una crescita ordinato, dove tutti possano avere le loro opportunità. Anche qui l’esempio è più illuminante di tante parole. E spiace citare Nardò. Di recente, in Piazza Salandra e anche Piazza Duomo, ci sono state manifestazioni tipo street-food e street-art o qualcosa del genere.
Ebbene, là è avvenuta una clamorosa applicazione dell’intuizione sociologica di cui si diceva. La piazza, ben frequentata ma trasformata in un enorme barbecue ad arrostire wurstel e salsicce, con lingue di fuoco che lambivano le chiese e i palazzi tutt’intorno. Per quanti sforzi abbia fatto non sono riuscito a spiegarmi come abbiano fatto quegli esercenti ad avere l’autorizzazione e, alternativamente, per l’Ente, a concederla.
Tutto è sembrato così naturale che alla fine mi sono chiesto se per caso, stavolta, tra il luccichìo delle fiamme, non stavo prendendo un abbaglio.
LUIGI NANNI