LA STRADA DEI RECORD: OCCORRONO 5 MINUTI E MEZZO PER 400 METRI DI ASFALTO
(Vincita e rivincita dei gas di scarico)
Via Bonfante, paradigma dell’ostinazione a perseverare nell’errore, prosopopea del comando, disinteresse per le ragioni degli altri.
Vero, Comandante Tarantino?(Pronti allo scatto? Partenza e via! Fino a cento km orari sul rettilineo)
Chissà perché – ci chiediamo talvolta – facciamo sempre gli educati, anche di fronte a chi educato non è, e ci proponiamo di esserlo in tutte le occasioni che si presentano?
Ebbene, si comunica che abbiamo smesso di farlo da ieri l’altro quando, (sbagliando), abbiamo ancora una volta imboccato via Bonfante per sentirci subito in trappola e impossibilitati a liberarcene. Il serpentone che già si vedeva formato all’altezza della rotatoria (perché sempre così grandi e inutili?) che precede l’Istituto Moccia”, faceva già intravedere la fatica, la sofferenza persino, prima di svicolare su via XXV Luglio (la strada dell’Ospedale) e sentirsi vivi, come alla scadere del lockdown. Erano trascorsi 5 minuti e mezzo per un tratto di poche centinaia di metri.
Non è un’esagerazione e vi invito alla prova (anzi, no, esoneratemi dall’essere presente).
Perché ci concentriamo proprio su questa strada, quando altre decine meriterebbero di essere osservate? Domanda pienamente legittima (e, grazie per la segnalazione, comunque non abbiamo mai smesso di farlo), ma la “nuova” via Bonfante si presta a paradigma della qualità del rapporto amministratore-cittadino. E’ anche il parto prematuro di un’idea forse progettata in grande e mal riuscita. Alle critiche non rispondono, ed è tipico di chi si sente sempre al comando, abituato evidentemente a non dare ascolto a nessuno. Nemmeno a chi, con una qualche competenza, si è proposto di farlo.
Si dice questo proprio perché su via Bonfante si è già intervenuti su Portadimare e carta stampata, prima ancora che qualche consigliere comunale, abitanti e commercianti della zona ponessero il problema. Insomma, non si scrive a casaccio, non siamo perditempo e se più d’uno ravvisa qualche problema e ne indica persino la possibile soluzione, con preciso destinatario, come mai non si risponde, non si interviene e, se del caso, si corregge? Chi doveva farlo? Crediamo, per delega, certo, l’assessore … alla strada e, per estensione, il Comandante della Polizia Municipale Cosimo Tarantino.
Ma per quei concittadini che ancora non hanno attraversato via Bonfante (e gli consigliamo di non farlo, se non proprio costrettivi), ricostruiamo i passaggi canonici di quella strada diventata a senso unico, ma resa ancor più difficoltosa per la stranezza di una sezione di pista ciclabile che in quella strada non aveva ragione di esistere. Aver ricavato un po’ di parcheggi a destra e altri a sinistra col restringimento di qualche marciapiede (anche qui, opera non riuscita), lascia spazio incolonnato per una sola auto e poco più (basta, poi, un furgone per occuparla completamente, per non dire della iattura di un grosso camion), con la conseguenza di creare un serpente di strada sempre frequentata in tutte le ore del giorno. Pertanto, l’impossibilità dell’affiancamento di due auto sul senso unico, come la logica (ah, la logica!) avrebbe dovuto suggerire, rende particolarmente difficoltoso lo scorrimento, “strozzato” poi, dopo il “Moccia”, dalla perpendicolare dei provenenti da via Flascassocitti in direzione Vergari e “rimpolpato”, una volta superato il semaforo, dagli arrivi di via Secchi e dallo stop and go delle tante auto presenti per varie attività.
In fatto di illogicità, però, siamo soltanto agli inizi. E parliamo del semaforo che c’è appena più avanti, all’altra perpendicolare con via Secchi e via Betti. Un’iradiddio. Vi giuro di aver sentito imprecazioni e bestemmie irriferibili dinanzi a quello che non appare uno strumento della regolazione del traffico (tipo: col rosso ci si ferma e col verde si passa), ma l’algoritmo casereccio di qualche tecnico.
Con questa strabiliante ripartizione dei tempi e dei colori: “verde” soltanto 20 (venti) secondi; rosso (incluso il “giallo” che obbliga a fermarsi), 67 (sessantasette) secondi, cioè 1 (uno) minuto e 7 secondi. Una vera assurdità che imputiamo (l’ultima indulgenza) a mero errore. Il calcolo è sbagliato.
Cosa, dunque, succede? Che quel “serpente” avrà sempre difficoltà a scorrere (pensate, poi, a una giornata piovosa e all’inevitabile assembramento in prossimità del “Moccia”) e prima di raggiungere “quel” semaforo, per tre, quattro volte se non più scatterà il rosso dei 67 secondi. Poi ci si libererà dell’affanno affrontando l’ultimo tratto, sempre in “fila indiana, prima di raggiungere l’altro semaforo, quest’ultimo “dal volto umano”. Abbiamo percorso, sì e no tre-quattrocento metri incolonnati, con gas di scarico che riempiono l’abitacolo. E giuriamo a noi stessi “sarà per l’ultima volta”.
E ora veniamo al punto. Con chi dobbiamo parlare per diminuire i disagi di quella strada? A cominciare da quel semaforo che, per il tipo di regolazione, semplicemente non esiste in giro, ammenochè a Nardò non sia in voga un alternativo conteggio del tempo. Un semaforo sbagliato, da correggere (comunque, in aggiunta a tante altre cose). Ma il vero peccato originale dell’intervento su via Bonfante (l’aver voluto il senso unico, poi il parcheggio a destra, poi il parcheggio a sinistra, poi la pista ciclabile) fa pensare al classico modo di dire neritino, detto di quell’uomo “’ca ole la otte chena e la mugghiere ‘mbriaca”. Vale a dire, troppo in ogni caso e, per stare alla strada vintage, qualcosa che semplicemente non era realizzabile. Quantomeno nel modo in cui è stato fatto.
LUIGI NANNI