MA LA POLITICA NE ESCE CON LE OSSA ROTTE
Rieletto il Presidente con un plebiscito di voti, ma il futuro è tutto da costruire. Abbiamo assistito a una partita insensata e pericolosa con giocatori inadeguati. Il pericolo …scampato non li salva dalle loro responsabilità.
Che nessuno dica di aver vinto, per non dovere poi sentirsi dire, come è avvenuto, che tutti hanno perso. Una furbata che avrebbe il sapore della provocazione nel momento in cui un intero Parlamento non è riuscito a eleggere il Presidente della Repubblica. Qui c’è la necessità di parlare chiaro al Paese e non nascondersi dietro pastoie interpretative, richiami bizantineggianti. Ed è destinata a futura memoria questa rappresentazione di un potere politico che si delegittima e che faticherà non poco a recuperare dignità.
Si è trattato di una settimana folle sotto ogni punto di vista, non paragonabile, con la Tv che ha mostrato un rito fuori del tempo, slegato dalle stesse procedure che pure sin qui sono state adottate. E il fatto è dipeso dalla modestia mostrata dai protagonisti che tornano a casa dopo la lunga scampagnata.
Per una volta l’articolista può spingersi col giudizio personale, che è favorevole dell’elezione di Mattarella, ma un secondo dopo si chiede e chiede quali conseguenze questa elezione possa avere. Sì, perché qui non pare esserci posto per l’opinione pubblica, col sentimento del Paese, con la crescente astensione (questa sì) di gente che non vuole più andare più a votare.
A questa classe politica consiglierei di andarsi a leggere Josè Saramago. Pensate, si andava a eleggere il Presidente della Repubblica con un “supergoverno” da una parte e l’opposizione di Meloni dall’altra. Ragioniamo: se di questo governo sempre sono state decantate grandi virtù, come mai non si sono accordati ben prima di arrivare al voto? Avevano numeri già al primo scrutinio. E, invece, no, perché s’era creata una situazione de facto: l’ambizione di Mario Draghi di andare al Quirinale e il fuoco di fila di quanti lo contrastavano “consigliandolo” di restare a Palazzo Chigi dove così tanto- si diceva - aveva fatto. Evidentemente non tutti la pensavano così, a cominciare da quel leader acerbo che risponde al nome di Salvini, che ha tentato di fare la spallata durante l’arco di tutta la settimana, riuscendo nel difficile compito di spaccare la maggioranza di centrodestra.
Insomma, si è trattato di una partita scialba e pericolosa, dove quasi nessuno è riuscito a salvarsi, dando una clamorosa dimostrazione di modestia e incapacità a interpretare il reale. Senza voler mettere il carro davanti ai buoi o a fasciarsi anzitempo la testa e senza pretendere di avere la palla di vetro (in vena di modi di dire), il futuro si prospetta molto accidentato, soprattutto sul fronte del governo dove, è presumibile, ci saranno parecchi scossoni e non tutti potranno essere accontentati. E Mattarella cosa potrebbe fare? Tanto, ma non gli si chieda di più di quanto ha fatto. O forse sì. Mattarella ha sempre rifiutato la doppia investitura e lo ha sempre detto – a tutti – che il motivo stava nel rispetto della Costituzione che prevede per 7 anni la durata della carica del Presidente della Repubblica. Ora, ve li immaginate altri 7 anni e sarebbero quindi 14? Considerato da mille punti di vista, sarebbe davvero una grande stranezza, una nostalgia … monarchica.
E allora, un’idea l’avremmo anche noi ( e sarebbe certo auspicabile: Mattarella accetterà l’implorazione (termine abusato) per proseguire il mandato, ma soltanto per il tempo sufficiente per arrivare alle elezioni politiche del prossimo anno. Dopodichè , se vorrà, si dimetterebbe, come ha fatto Napolitano che lo fece dopo due anni. Pari e patta.
SIC TRANSIT GLORIA MUNDI
LETTA Pd voto 5
E’ vero che ha portato a casa il risultato ( gli è andata bene), ma che indolenza! Ha fatto la figura dello scarso giocatore di scacchi che non avendo molte mosse nel suo schema, si arrocca all’infinito. Ma anche se non perde non fa ugualmente una bella figura
CONTE M5S voto 4
Insignificante e dall’eloquio insopportabile, fastidiosamente retorico. In tutta la settimana, pur avendo il maggior numero di “grandi elettori” ( ma non si sono dimostrati tali) non ha toccato palla. Alla fine, dopo candidature inconsistenti e pericolose (Belloni) si è rifugiato su Mattarella
SALVINI Lega voto 3,5
Davvero spaesato e incapace di (ri)trovare la rotta. Pingue e paffuto ha strabordato dal video. Disperato (ma colto con le mani nel sacco) ha poi virato su Mattarella. Ma la frittata è stata grossa.
MELONI Fratelli d’Italia voto 5
E’ il voto che si dà al giocatore (di calcio) di cui non si ricorda una sola giocata. Anzi, sì: Crosetto! Mezzo punto in più per essersi smarcata da Salvini, sancendo di fatto il declino del centrodestra
RENZI Italia Viva voto 6
Insolitamente equilibrato ma anche troppo chiacchierone. Aveva meno peso che in passato; ha cercato di dare una mano al centrosinistra e una al centrodestra, non riuscendovi. Stavolta non è riuscito a portare al Colle il suo amico Casini
BERLUSCONI Forza Italia voto 4
Una boutade la sua autocandidatura. E basta così!
CASELLATI Presidente Senato voto 3
Non tanto per demerito (volendo comunque ricordare un po’ a tutti che si è sempre dichiarata convinta che Ruby fosse realmente la nipote di Mubarak), quanto per il fatto che durante la seduta di voto che Salvini le aveva… preparato per eleggerla), è stata costantemente con gli occhi sul cellulare. Un’offesa per colleghi e utenti televisivi.
CASINI centrista voto 5,5
E’ entrato come papa e ne è uscito come cardinale. In che senso? L’elezione era a portata di mano, nella logica delle cose, poi tutto è precipitato. Mezzo punto in più per la dichiarazione finale di chiamarsi ufficialmente fuori ( la voce: Casini aveva chiaramente capito tutto e ha fatto in anticipo il beau geste. Ci può stare.
DONNE candidabili (o “genere femminile”- così Conte) voto 6 di stima
Spesso evocate, ancor più indicate. Mezzo punto in meno per non aver reagito con decisione, semmai strappando i capelli a qualche maschio. Spesso usate. Puntualmente rientrano nei ranghi.
GRUPPO MISTO s.v. (senza voto)
La compagine dell’inutilità.
LUIGI NANNI