NARDO' - Qualsiasi sia la vostra condizione, e se del caso, in questo momento, non favorevolissima, non appena comincerete a leggere questo pezzo, presto passerete allo stato di buonumore e guadagnerete un soprappiù di autostima. Di cosa si tratta? Chiamiamolo “racconto d’estate” (ormai alle porte). Cahier de doléances alle Poste di Nardò.
Nella buca delle lettere trovo il solito nastrino cartaceo arrotolato (difficile anche da scorgere) che parla di una raccomandata da ritirare. Normalmente viene lasciato quando non si risponde al campanello. Talvolta succede succede ugualmente e il “destinatario” sta a casa, semmai nell’ultima stanza a leggere e non ha sentito il trillo una seconda volta.
Insomma, avete capito. Siamo all’inizio della storia.
Recarsi alle Poste di Nardò per ritirare una raccomandata è vera tribolazione. I miei affezionati lettori (grazie per la stima sempre accordatami) ricorderanno di aver scritto un pezzo sulla “posta Piccola” di via Celso, con circa 5.000 lettori! Evidentemente si trattava di argomento ben sentito e avvertito se ha riguardato una platea così vasta. En passant, mi piace anche ricordare che davo atto al buon lavoro degli addetti della Posta che con garbo e competenza fanno il loro buon lavoro. Per il resto, gravi i disagi, inascoltati. Basta recarsi ogni mattina in quella succursale per cogliere tutto il malumore dell’utenza in attesa, tra marciapiede e strada, anche qualche litigio, per una condizione di assoluta precarietà in quanto a servizi. Un sociologo urbano avrebbe abbondante materia per i suoi studi.
Lasciati letteralmente sulla strada di passaggio, a ripararsi (male) da vento, pioggia, caldo e freddo quando tornerà l’inverno; nemmeno una panchina per sedersi. Anche qui, lasciamo stare, con l’ultima “coda”: quella di dover dire che questa amministrazione comunale si dovrebbe adoperare presso la Direzione delle Poste per rendere più agiata la vita dei “suoi” concittadini. E’ stato già detto. Lo potrà fare benissimo il sindaco, anche l’assessore al ramo può bastare. Si vedrà. Tenendo anche conto che se c’è Ente ricco in questo momento (e, dunque, ha tutte le risorse necessarie), questo è certamente le Poste Italiane. Metta mano al portafoglio, trovi una sede decente e aumenti il personale per una città di oltre 30mila abitanti! Chiaro?
Ma, a questo punto, il “lettore” è perplesso. Cosa ci doveva raccontare Nanni? Sì, è vero, mi sono un po’ dilungato, parlandovi d’altro. Ma in qualche modo sono ancora in argomento, poiché prima di presentarmi allo sportello per il ritiro della raccomandata, ho atteso 65 minuti (un’ora e 5 minuti!). Finalmente è il mio turno (turno che ora viene regolato e filtrato con una “prima” preparazione, nel senso che un’addetta ti dice se e quando puoi entrare), poi all’ingresso (una cameretta!) prendi il numero e anche lì sarai in attesa, sempre con un numero di persone contingentato.
La raccomandata, si vede, riguarda una contravvenzione stradale; è indicata anche la provenienza (Corigliano). Per ritirarla ci vuole un documento. Qui comincia il delirio. Ho a portata di mano la mia carta d’identità. L’addetta la scruta (scruta anche me) e risponde: “il suo documento non è valido!”. Penso a un equivoco e alla richiesta di chiarimento l’addetta rileva che sulla raccomandata c’è cognome, nome e un secondo nome, mentre sulla carta d’identità c’è “solo” cognome e nome. Capisco la differenza e cortesemente obietto che sono la stessa persona. Non mi credono. Insisto dicendo che si tratta di una multa stradale ( si vede che è una multa) che di lì a qualche istante avrei anche pagato. In quella stessa posta!
Chiedo ancora di essere “ragionevoli”, ma per ogni situazione del nostro strano Paese c’è sempre un Direttore/ una Direttora (!?) che si ergono a paladini di un’ottusa burocrazia. Per “risolvere” il problema mi invita a recarmi presso l’anagrafe di Nardò per un certificazione di “congruità anagrafica”. Insomma, sarei dovuto uscire dalle Posta per farmi dire chi io sono, facendomi sorgere il dubbio sulla mia sanità mentale. La Direttora è irremovibile (io nondimeno). La invito a chiedere ai suoi colleghi (un paio mi conoscono) di confermare la mia identità, al pari di quanto avviene nei seggi elettorali quando “per chiara conoscenza” a qualche elettore non viene chiesto il documento. Le sarà parso un sopruso. Non vede, non sente, non ascolta le mie parole, è indaffarata. Le consiglierò di leggere il racconto di Franz Kafka, Il cavaliere del secchio”.
Ho qualche altra “pezza d’appoggio” che cerco di far valere: la nuova tessera sanitaria inviatami di recente ( e che scade nel 2028). Non serve. Ho la tessera con foto dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti che riporta dopo cognome e nome, anche il “secondo” nome che a lei tanto preme e con sempre ripetuti: foto, luogo e data di nascita, luogo di residenza, via, numero. La Direttora mi dice che non serve a niente. E nemmeno un modulo che ho in borsa dove accanto al mio cognome e nome c’è il secondo. Non ascolta più (la Direttora). Ci vuole il documento “valido”! Ricordo di avere la patente in auto (la lascio sempre nel libretto per evitare possibili contravvenzioni) dove, stavolta, Eureka! c’era “tutto quello” che serviva alla bisogna: cognome, nome e il secondo nome che, per curiosità, ora vi “annuncio”: CARLO!
Sono tornato alla Posta e ho fatto (con fatica) la persona educata: ho ripreso il biglietto per prenotare l’operazione, aspettando il mio turno. Forse la Direttora ha avuto un attimo di resipiscenza, aggirandosi nella saletta per regolare il flusso e vedendomi in tranquilla attesa col foglio e busta “verde” sul bordo che indica un qualcosa da pagare (in questo caso, la multa stradale). Mi ha detto che avrei potuto non fare la fila e presentarmi direttamente allo sportello. Allo sportello ho pagato la multa, ho detto che ero un settantenne (per pagare minor tassa); me l’hanno accordata, nessuno mi ha chiesto il documento “valido”e mi hanno creduto sulla parola.
Insomma, una mattinata di insulsa burocrazia e con qualche dubbio sulla probità del ruolo che da taluni viene ricoperto. Se ci fosse stato nell’Ufficio il cahier de doléances (non credo ci sia, sarebbe opportuno istituirlo, come per tanti Enti), avrei scritto semplicemente: “Spett/le Poste – epc al Sindaco del Comune di Nardò - Sono Luigi Nanni, secondo nome “Carlo”, utente insoddisfatto; si chiama disservizio il fatto che per ritirare una raccomandata siano occorsi tra attesa e tribolazione, ben 95 (novantacinque) minuti!
Luigi Nanni