NON FATECI PERDERE IL GUSTO DI SEDERCI AL BAR, AL RISTORANTE O PIZZERIA
Prezzi alti, in tanti casi non ammissibili
Gli esercenti si giustificano parlando sempre di pandemia e di quanto hanno perso
Se è vero (ma solo in piccola parte), per noi è andata anche peggio
E’ un vero peccato. Toglierci il piacere di sederci al bar con qualche amico (uno, uno soltanto pagherà, abbiate… comprensione), oppure trascorrere una serata in pizzeria o al ristorante. Si limitano le uscite. Ma vi siete accorti di quanto i prezzi sono così sorprendentemente lievitati? Se ne scriviamo è perché lo abbiamo appurato, e anche perché, da cronisti ci sollecitano a interessarcene. Persino sugli appuntiti scogli dove si cerca di trovare il posto per piazzare l’asciugamano, quest’anno l’argomento è ricorrente. Le spiagge, invece, sono state svendute in tutto lo stivale italico, record europeo negativo; un’ignominia per quanti hanno deciso di regalare il demanio pubblico ai privati.
Insomma, parlare di allarme non è certo esagerato. Non mancheranno gli ignavi e i benpensanti che, come sempre, vorranno gettare acqua sul fuoco.
Non si vuole qui generalizzare, ma tanti operatori la sanno lunga, la sanno raccontare e parlano sempre di pandemia e di quanto sono stati fermi, di quanto hanno perso, come se noi nel frattempo abbiamo visto aumentare i nostri introiti! Non è proprio così, ed è il senso di questo pezzo, dell’opinione generale del turista italiano e straniero che si è accorto che qualcosa non va. All’osservazione di chi dice che poi uno si regola come crede, facilmente si può rispondere che questo non vale se si considera che si tratta pur sempre di un servizio, chiamiamolo pure pubblico, da offrire a tutti, indistintamente. E non a vantaggio di alcune ristrette categorie e a scapito di altre, che poi sono la maggioranza. Ricchi e poveri.
E per paradosso (che poi non lo è), è come se i ricchi (i superricchi), chiedessero che la benzina costasse 50 euro a litro. Camminerebbero soltanto loro e i poveri o giù di lì, a lasciare la loro vecchia auto per strada o in garage (per chi ce l’ha). Troverebbero le strade sgombre e, meraviglia, senza incontrare semafori! Facilmente, poi, troverebbero il parcheggio a Santa Maria e Santa Caterina, cosa sempre più difficile e oneroso per i comuni mortali. Che vorrebbero fare un bagno. Divaghiamo.
Se a questo va accostata l’osservazione di un imprevisto calo delle presenze turistiche in Puglia (dato certo, anche se come sempre bisogna aspettare i dati statistici di mète che notoriamente registrano il sold out, come Otranto, Gallipoli, Ugento), forse è il caso di chiedersi se abbiamo imbroccato la strada giusta. Che – veniamo a sapere – giusta non deve essere se alcune rilevazioni come il Post Office Travel Money britannico, pone la Puglia (e il Salento vi fa …parte), tra le 10 mète più care al mondo. E tutto ciò per sottolineare il calo del 30% previsto per quest’anno.
Semmai, non sarà proprio così e c’è dell’esagerazione, quantomeno nei numeri, ma è indubbio che il problema è sotto gli occhi di tutti, operatori compresi. Perché poi, il tam tam arriva un po’ dappertutto e a quel punto il danno è già stato fatto. E i clienti? Alla finestra, a seguire le regole di mercato. Se una zona diventa cara (e il Salento sta diventando caro!) non te lo dice il medico di andarci. E si ripiega su altre mète. Perché, poi, ci stiamo concentrando sul costo di cibo e bevande, ma in quanto a servizi siamo sempre in grande affanno. Bus o treno che sia, è la stessa cosa di trenta, quarant’anni fa.
Non c’è poi bisogno che vi parli dei rincari di ogni genere alimentare o della frutta a peso d’oro o del pane caro come una pepita. Il grano che non c’è, la guerra, la varietà, il costo dei trasporti, la manodopera! Mi sono stancato di questa litanìa. Ho un amico che la pensa come me e per ogni spesa fa il calcolo in lire. Ancora, a distanza di oltre vent’anni! Meravigliandosi ogni vota del costo di un prodotto. “Comprare una pagnotta (1 Kg) di pane (l’ha fatto l’altro giorno) 4,80 euro – ha detto - significa novemilacinquecentolire! Come un chilo di fagiolini (introvabili, e siamo …terroni veraci), quelli sottili, venduti a dieci euro! (ventimila lire, avrebbe detto il mio amico). Pazienza, nessuno più coltiva, né questi, né i pomodori, anch’essi cari e spuri ( spariti i nostri), oltre ogni immaginazione.
Ma è al bar o pub (per chi ci va) che si fanno le più stravaganti scoperte. Birrette 33cl a 5 e anche 7 euro e marca ordinaria, le stesse che trovi in un supermercato. Eppoi c’è la moda dell’aperitivo (l’avrò preso in vita non più di una, forse due volte), che semplicemente non mi piace e mi toglie l’appetito. Se si stratta poi di pagare, l’acqua “colorata” che ti danno, e qualche stuzzichino, non ti basteranno otto, dieci, dodici euro (l’amico: ventimila lire!).
Un’acqua tonica, una gassosa, perché questo ricarico? Sei, sette, otto volte rispetto al costo sostenuto! Non c’è alcuna giustificazione. Come anche per certi prezzi di pizzerie e ristoranti che per lavoro ho frequentato per quarant’anni. Ma non solo il prezzo, anche parlare della qualità. Posso dire la mia. Se imbrocco una buona soluzione ne parlo subito ad amici e parenti. A significare che è sempre difficile trovarne una che ti soddisfi. Peraltro ho un mio “metodo” di ricerca: mi fido dell’esperienza acquisita, non tengo conto dei giudizi dati in rete e scanso quelle strutture che hanno appiccicato sulla vetrata della porta d’entrata tutte le carte di credito di questo mondo. Da quando ho cominciato a fare così ho cominciato a mangiare un po’ meglio e spendere di meno.
Ricordando anche quanto di noi ha detto il Touring Club Italiano in fatto di cibo nelle strutture. Ebbene, il giudizio non è stato lusinghiero (in realtà era più severo) per ben tre anni di seguito. Soltanto di recente è intervenuto per dire che cose stanno un po’ migliorando. Meglio così!
A buon intenditore, poche parole. Le questioni trattate sono sul tavolo. Cosa ci aspettiamo in un prossimo futuro? Una buona programmazione, il ruolo volitivo di enti ad ogni livello, il coinvolgimento di tutti gli “attori” della filiera per gestire l’industria turistica che resta una delle economie su cui il Salento e Puglia può contare. Impegno, serietà e posti (veri) di lavoro. E’ quello che occorre. Al momento, però, siamo lontani dal conseguimento di questo obiettivo.
LUIGI NANNI