NARDO' - Lo sapevate che era solo questione di tempo, no? Doveva... decantare bene!
A NARDO’ COME ALTROVE. MELLONE “REGALA” I SUOI VOTI A CONGEDO E MARTI (ELETTI).
EMILIANO FA UN CASINO DELLA MADONNA PER PARTORIRE IL TOPOLINO STEFANAZZI.
MA LA CASA BRUCIA E IL PD E’ TUTTO DA RIFARE (COSI’ PARLO’ DE CARO, SINDACO DI BARI, PRESIDENTE ANCI)
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Giornalisticamente parlando, può succedere che il cronista non ci metta molto di suo e invece si affidi a dichiarazione altrui, al “testo”, per meglio specificare, situazioni, posizioni. Il significato sta tutto lì, se si tratta di voler indagare su quello che è successo in Puglia e nel Paese intero alle ultime elezioni politiche. Una dèbacle per la sinistra che è stata variamente commentata e che tratteggia chiaramente il quadro seguente: vittoria netta della destra di Meloni, crollo della Lega fagocitata proprio dai Fratelli d’Italia e ridotta al lumicino (meno del 9%), sconfitta del Pd (19%) che ha assunto forma clamorosa per una strategia fallimentare, ignorando di fatto il meccanismo della legge elettorale, il “Rosatellum”, che imponeva di correre in coalizione per cercare di vincere. Cosa è dunque successo? Che all’uninominale il centrodestra unito nella coalizione FdI-Lega-FI abbia fatto cappotto, conquistando quasi tutti i seggi.
Un gravissimo errore, un calcolo sbagliato quello di Letta (che, evidente, non ha agito da solo; di qui la responsabilità storica di un partito che esce con le ossa rotta, chiuso in una sorta di fortino e dal quale è difficile prevedere un qualsiasi altro sbocco). Com’è possibile che si sia incorsi in un errore del genere, lasciando campo alla postfascista Meloni che col 26% parrebbe aver conquistato il Paese? Non regge l’autoassoluzione del centrosinistra – per loro fortuna non lo dicono in tanti - di dire che la destra è maggioranza in Parlamento , ma non nel Paese! Epperò – diciamo noi, andate a vedere quanti deputati e senatori hanno conquistato! ( alla Camera 237 su 400; al Senato 113 su 200 ndr).Ma c’è anche da dire che la coalizione di centrodestra (di cui ovviamente fa parte l’immarcescibile Berlusconi) ha preso meno voti del 2018! E dunque? Chiedetelo alla Le Pen che, all’annuncio della vittoria della sua amica italiana, l’ha chiamata al telefono per congratularsi. Poi, con un moto di pianto, si è rifugiata nella sua stanza esclamando: “In Italia anch’io avrei vinto facilmente!”. E lo ha detto a ragione, soltanto che lì in Francia Marine Le Pen (e così il padre Jean-Marie) nel tempo hanno avuto affermazioni elettorali più consistenti della stessa Meloni, ma ogni volta hanno dovuto segnare il passo. Il doppio turno francese non ha mai consentito avventure di tal genere, vedere alla vigilia del centenario della Marcia su Roma e della tragedia del fascismo, andare al potere una post-fascista. Con l’inquietante accostamento e richiamo di FdI vittoriosa senza sforzo. E senza praticamene avversari.
Aver ignorato lo stesso funzionamento della legge elettorale ha creato una distorsione difficilmente sanabile. Anche perchè, in realtà, se di sconquasso bisogna parlare per il Pd e i suoi seguaci, tutto ciò è amplificato dai larghi consensi alla Meloni, maturati da una parte dalla giusta lettura del “Rosatellum”, dall’altra per essersi avvantaggiata (è valso in passato anche per altri candidati) per quella reiterata infatuazione che corre nella testa di tanti italiani, alla continua ricerca dell’”uomo forte”, stavolta della “donna forte”, della “mujer”, “madre”, “cristiana”, per ripetere le parole del violento comizio fatto in Spagna a sostegno dell’ultradestra VOX. Ma, è chiaro, l’elenco è davvero lungo: M (facile da indovinare), Bossi (“quello dei 300mila fucili a difendere la Padania!), Grillo, Renzi, Meloni.
Chi ne esce comunque con le ossa rotte è certo il Pd (verrebbe di dire: dalle Alpi alle Piramidi…), non tanto per il dato numerico dei suoi voti (non un crollo, calo di alcune centinaia di migliaia), quanto – si ripete – per essere stato travolto anche in alcune sue roccaforti. Ma è soprattutto saltato il progetto (di Letta e dei suoi) di essere argine alla destra. E’vero, è stato più volte ripetuto ma questo da solo non è bastato.
E allora? Salvo qualche incredibile posizione giustificazionista ( vero Boccia, Serracchiani?), in tanti nel partito stanno ragionando su cosa fare. L’annuncio del congresso, non elettrizza più di tanto. Il partito sconta un ritardo di elaborazione politica, lontano da istanze che pure predica a parole (difesa delle classi deboli, scuola, sanità, lavoro). Eppoi messaggi, parole d’ordine confusi che o non sono stati capiti o restituiti al mittente. Insomma, in tante aree il Pd non è più un partito che bussa alla porta. Non è mancata, poi la confusione. Un solo esempio: in campagna elettorale Letta ha chiesto (una, due, tre, quattro, cinque volte) di aumentare gli stipendi agli insegnanti. Giusto! – possiamo dire. E i tanti altri (pensionati al minimo, precari, i senza-lavoro che hanno ascoltato le sue parole?) Fatte salve le buone intenzioni, è sembrata una burla. Insomma, nel messaggio, nelle parole d’ordine, anche in questo caso, al di sotto delle pur sgangherate promesse della destra (pensioni minime tutte a mille euro, flat tax uno flat tax due).
Cosa dunque serve? Il Pd nelle sue varie articolazioni ha avuto ben otto segretari negli ultimi quindici anni. Serve il nono? Se sì, forse non basta. La crisi del Pd è così profonda da richiedere una vera ricostruzione e dispiegamento nella società. Da tempo il Pd appare un partito coriaceo ma chiuso e senza quella spinta propulsiva che farebbe immaginare importanti performances. Non è un partito per giovani! Nelle mia cerchia di conoscenza, non conosco un solo ragazzo al di sotto dei 25 anni che abbia votato Pd! Ne discende che la sinistra o centrosinistra che sia (e sempre considerandola a trazione Pd) avrebbe bisogno di una costituente che finalmente rompa gli argini e l’ingessatura che ha tenuto bloccate tante sue forze, soprattutto nella visione di una società dinamica e giusta in tutte le sue articolazioni.
Pertanto, l’errore di non aver saputo attrarre nella coalizione i 5 stelle di Conte, è stato decisivo. Forse non si sarebbe vinto, ma la vittoria della Meloni sarebbe stata annacquata. Errore pagato essenzialmente dal Pd, ma con i suoi teorici alleati che non possono gioire: i 5 stelle (15,5%)si affermano e restano confinati nell’enclave meridionale dove è diffusissimo il reddito di cittadinanza; il progetto centrista Calenda-Renzi (7%) è sostanzialmente fallito, avendo anche dato l’impressione di volere una sorta di “rivincita”, pur riuscendo a erodere un po’ di elettorato Pd. Il risultato? Al comando un governo di destra con un Paese depresso. La morsa della crisi economica si fa sentire, come anche il ritardo su tante riforme (lavoro, scuola, sanità, giustizia). Si è aggiunta la guerra ucraina, già al settimo mese. Ci siamo accorti che nelle ultime settimane non leggevamo nemmeno le notizie, per poi scoprire dagli ultimi avvenimenti che tutto ci riguarda da vicino.
NANNI ORCO, e di Nardò non ci dici niente?
Giusto, ma solo poche parole. A Nardò è andata come in tanti altri luoghi. Con in più, nessuna disputa, nessuna scazzottata, qualche manifesto. Ma anche una delle più basse percentuali di votanti di Puglia! C’era la “novità” Mellone, detentore dei voti che tutti sappiamo, che li ha “equamente” distribuiti ai neo eletti CONGEDO e MARTI. Nessun neritino li conosce, forse ne ha sentito parlare, forse li ha visti d’estate a Santa Caterina prendere il gelato. Tutto ciò per scoprire che NARDO’ è diventata una delle roccaforti d’Italia di …Fratelli d’Italia e Lega.
Qualche parola in più per la situazione in Puglia, con Emiliano che ha fatto un casino della madonna per far eleggere STEFANAZZI e buttando all’aria rapporti, idee, collocazioni.
Ma, più di tante analisi, due dichiarazioni hanno colpito: l’una addirittura proveniente da parte di un avversario politico che così lo definisce: “Emiliano ha destrutturato il pensiero ideologico”. E il segretario regionale Pd Marco Lacarra è stato messo in croce per aver detto – visti i risultati - semplicemente che” tanti dirigenti sono incapaci e che non riescono a prendere nemmeno i voti della famiglia”. Brusco, tremendamente duro, ma vicino al vero. A questo punto, con la casa che crolla, servono i sofismi?
LUIGI NANNI